Il viaggio con i Genesis, tra quattro album e altrettante copertine, è arrivato all’ultimo capitolo. Se non per forza il migliore album dei Genesis, sicuramente la loro storia più bella. Di The Lamb Lies Down On Broadway esiste più di una versione, quella che ognuno di noi si porta dentro.

Mi chiamo Rael.

Vorrei raccontarti la mia storia. Ora che sei qui, è anche tua.

Lo sai, vero, che se sei qui vuol dire che io sono uscito oppure che tu sei entrato?

Rael è il nome che mi hanno dato i Genesis. L’hanno scelto per non far capire la mia provenienza e perché è l’anagramma di Real.

Reale.

É reale tutto questo?

Continuo a ripetermi di no, ma anche se lo schianto di questa cascata è così forte da coprire ogni suono, riesco a sentire la mia voce poco convinta.

Il mio nome l’ha inventato Peter Gabriel. Lui è il mio alter-ego, io sono il suo.

Peter ha scritto i testi e un po’ di musiche della storia che i Genesis chiameranno The Lamb Lies Down On Broadway.

Dopo Foxtrot e Selling England By The Pound, The Lamb è un album diverso, molto intimo, come un sogno.

Nel libretto d’istruzioni della vita non esistono sogni così nitidi, ma stamattina ho visto un agnello disteso in centro a Broadway, e all’inizio mi sembrava un sogno.

È uscito dai vapori di una strada newyorkese.

New York. Credevo di conoscerla bene, mi sbagliavo. Sapevo della parte sopra il livello del cemento. Poi c’è la metro, e sapevo anche di quella, la conoscevo bene.

Ma la metro è lo strato centrale perché sotto c’è un altro mondo, io l’ho visto.

Un mondo con enormi bozzoli, gabbie, pietre rotolanti e soggetti fantastici, impensabili.

Ci sono uomini che strisciano ripetendoti che “devono entrare per uscire”, sale operatorie con dottore e anestesista, esseri deformati che ridono sempre e fabbriche di involucri senza vita uguali a persone che conosco. Mi sembra di aver visto qualcuno della mia gang.

Sì, ho visto anche persone vere, laggiù, come mio fratello John.

Credo di avere un fratello, è qui in questo fiume.

Devo salvarlo ma non so come fare, e mentre prendo la decisione mi guardo riflesso nell’acqua, in terza persona, come nella copertina di The Lamb Lies Down On Broadway.

La Copertina di The Lamb Lies Down On Broadway

Hipgnosis Studio di Londra farà la cover di The Lamb.

So che Peter è andato da Aubrey Powell e Storm Thorgerson di Hipgnosis e ha detto: “Ok, queste sono le parole. È la storia di Rael. Voglio che illustrate l’album.”

Hipgnosis ha disegnato alcuni momenti della mia avventura in una copertina divisa in tre parti.

Sono stati bravi con la fantasia, non avendo visto cosa ho visto io.

Oh no che non l’hanno visto.

Foto Sinistra – Riding The Scree / In The Raipds

Nella foto a sinistra della copertina di The Lamb, il primo Rael cerca di salvare il secondo Rael, nella foto al centro.

È un’immagine da “Riding The Scree” e “In The Rapids”. Il posto in cui siamo ora.

Stavo inseguendo un corvo più grande di me, che aveva un tubo giallo tra le zampe.

Per arrivare qui ho camminato sul ciglio di un burrone, seguendo il tubo nell’acqua, senza perdere di vista John.

Mio fratello era scappato prima di me dalla colonia degli Slippermen e dal Dottor Dyper dopo quel taglio orrendo. Mi aveva detto

Understand Rael, that`s the end of your tail.

Dopo di che mi ha evirato, perché non ho mai avuto un rapporto facile con il sesso. Ne ho sempre avuto paura. Te lo racconterò quando ti parlerò diCounting Out Time”.

É dalle mie paure che stiamo scappando, e forse dalle paure latenti di Peter Gabriel nei suoi sogni.

La storia che ha scritto nasce quasi interamente dai suoi sogni.

9. Counting Out Time

Sono stato con una ragazza. Poteva capitare che finivamo a letto. È capitato. Lei lo voleva.

Avevo ansia da prestazione, ma ero sicuro di me. Ho fatto una lista di cose da fare, tutti quei numeri durante la Grande Sfilata delle Confezioni Senza Vita mi avevano ispirato.

Avevo comprato un libro che spiegava tutto, per filo e per segno, con tanto di figure delle zone erogene.

Erogenous zones I love you.
Without you, what would a poor boy do?

Non avrei sbagliato. Il cronometro nel mio cuore scandiva il tempo prima di vederla.

Dalla 1 alla 6 è stato un gioco da ragazzi, qualche problemino sulla 7, ma ero in rampa di lancio per andare in meta nella n.11.

L’ultima cosa che ricordo è di averle tirato giù la cerniera

“Honey get hip! It’s time to unzip, to unzip, zip, zip-a-zip-a-zip.
Whipee!”

Poi è svanito tutto. Passione, romanticismo, eccitazione. L’ho capito perché lei mi guardava seria e infelice. Mi aspettavo uno schiaffo.

Cosa può essere andato storto? 

Qualcosa nella tua mente, Rael.

Sì, parte tutto dal mio cervello.

Tutta questa avventura nasce dalla mia mente o dalla mia anima. O da entrambe…

Il sesso è solo una delle cose che riescono a forzare la mia corazza esteriore, costruita nel riformatorio di Pontiac e poi in strada, come membro della gang, a forza di vandalismi e pestaggi. Ogni giorno.

Sembro forte ma sono debole. Qui sotto sto affrontando le mie paure e le mie debolezze. 

Come il sesso. Questa è una lezione, l’ho capito.

Molto più tardi in questa storia, il Dottor Dyper ha tagliato. Ha messo i nostri tergicristalli in tubi di plastica gialli sterilizzati.

Almeno in questo caso, non ho sentito dolore. Mi avevano anestetizzato.

Via l’attrezzo e via la paura del sesso! Immagino che questo sia stato il loro ragionamento.

A un tratto è sceso il buio totale, un corvo grande come una nuvola nera è sceso in picchiata, ha preso i tubi ed è volato via.

Senza pensarci un attimo sono partito all’inseguimento del corvo, e John era già più veloce di me.

Foto Centrale

Nella foto in mezzo sono seduto su una sedia e la mia testa sta entrando nel muro alle mie spalle.

La mia mente ha eliminato questa scena dal suo database, forse troppo anche per lei, ma quasi di sicuro mi trovavo nella Waiting Room.

13. The Waiting Room

Lotto con tutte le forze per non finire nel muro e Rael, nella prima foto, cerca di tirarmi nella sua direzione.

Forse il Rael seduto è in realtà John che sta facendo una brutta fine. Forse.

Mi chiedo cosa avrei fatto io, Rael Imperial Aerosol Kid, l’imperatore della bomboletta, se fossi seduto al posto suo.

Avrei chiesto aiuto?

Fisicamente, John è la mia copia ma a differenza di me lui è leale, conformista e normale.

È il Rael che la società avrebbe accettato, invece di farmi diventare l’anello debole della catena.

Foto di Destra – Il Corridoio

Nella foto a destra, il mio corpo lascia il corridoio e si mette a guardare gli altri due Rael, in terza persona.

All’esterno delle tre immagini, ho la stessa posizione.

Sono immobile, posso solo assistere alla storia.

Guardo gli altri due Rael sforzarsi e soffrire, sostenendosi a vicenda. Non so chi sia il vero Rael, e non ha più importanza perché ora, da esterno spettatore della mia vita, sono di un’altra forma.

Penso che il Rael che sto tirando dalla mia parte è il lato dentro me che ancora vale qualcosa.

La mia parte buona, umana e sensibile. L’opposto del Rael Imperial Aerosol Kid che tutti conoscono, il piccolo teppista portoricano di New York che lascia messaggi sui muri facendo finta di essere qualcuno.

Fuori dalla copertina di The Lamb Lies Down On Broadway, guardo due terzi della mia vita.

Nel corridoio resta la mia traccia bianca, una persona che mi osserva in fondo e qualche animale.

Tra loro, c’è l’agnello.

Tutto è cominciato con quell’agnello, a Broadway, stamattina.

La Storia di The Lamb Lies Down On Broadway

1. The Lamb Lies Down On Broadway

Mattina presto a Manhattan, New York City.

Fuori dalla metro, l’aria frizzante e una luce più splendente rispetto a ogni altra strada mi ricorda che siamo a Broadway.

Vagabondi sui marciapiedi, una farmacia che chiude, persone sbattute fuori da un cinema a luci rosse dopo averci dormito dentro.

La solita Broadway, almeno sembra.

Sono queste le ultime cose sensate che ricordo prima di andare alla deriva, mentre guardo in direzione dei vapori.

C’è un agnello nella via. Mentre mi chiedo cosa ci fa lì, lo vedo sdraiarsi in mezzo alla strada.

Capisco subito che qualcosa non va. Niente di male che un agnello sia lì, a Broadway, New York, ma allo stesso tempo so che è sbagliato.

Tutto era calmo e irreale. La scena di Broadway era tutta per lui.

Poi mi accorgo che la luminosa Broadway è diventata buia, come se fossero passate quindici ore in cinque minuti.

Non mi ero ancora accorto di nulla.

2 e 3. Fly On A Windshield / Broadway Melody Of 1974

Ecco cosa ha fatto diventare Broadway buia di colpo.

Un vapore scuro si sta formando, un muro troppo scuro per essere nebbia.

Qualcosa che nessuno tranne me sembra vedere, una massa fisicamente consistente, ce l’ha proprio con me.

Non solo: mi sta venendo incontro!

Riesco a vedere che l’agnello è ancora sdraiato tranquillamente, e allora capisco che è lì per me.

Non è un sogno, è un segno.

Un attimo dopo la nuvola nera mi raggiunge e io sto volando.

Divento piccolo come una mosca, volo sopra New York e vedo manifesti di Lenny Bruce, Marshall McLunan e Groucho Marx; volo in autostrada e, quando sono sicuro di scontrarmi con il parabrezza di un’auto, inizio ad andare sotto.

Mentre scendo, sento sirene cantare sui tetti (mormorano verso un uomo che sta andando a fondo, e quello sono io), gruppi musicali che provano le canzoni, ragazze pompon…

In quella situazione assurda mi sento ancora tranquillo. Perché so che non è reale.

Prima di entrare nel mio personale inferno, ne ero convinto.

4. Cuckoo Cocoon

Per quanto tempo ho dormito? Dove sono?

Apro gli occhi e sono in un posto alto e sconosciuto. Sono giù ma anche su.

Mi vedo avvolto in strisce di roba soffice e resistente.

Sembra lana.

Devo sembrare una preda nella tela di un ragno così strano e fantastico che si mette a fare tele di lana.

E quell’agnello…

É un bozzolo, caldo, umido e accogliente. Abbastanza grande da fare un gomitolo con un uomo.

Sembra un ventre materno.

Mi ripeto che è un sogno, è un sogno, molto nitido, troppo lungo per i miei gusti (riesco a rendermi conto perfino di pensare) ma è pur sempre un sogno.

Ho il tempo di fantasticare di essere un prigioniero a Brooklyn, o Jonah nella balena; ho tempo di ripensarmi a Pontiac, tanti anni fa.

Tutte persone in trappola.

E io? Sono Rael, e in quella che sembra la mia nuova nascita mi sto per riaddormentare.

Sento di non avere il coraggio di svegliarmi.

5. In The Cage

Mi sveglio.

Il mio cuore è una grancassa che batte a ritmi regolari ma frenetici (tu-tum..tu-tum..tu-tum..tu-tum).

Sento un formicolio allo stomaco e devo dormire, non posso evitarlo. La sensazione è di andare ancora più giù.

Il mio cuore è sempre più fuori giri

(tum-tum-tum-tum-tum-tum-tum)

Mi sveglio di nuovo. Nella caverna accogliente di poco fa, una parete di rocce mi viene addosso e cerca di schiacciarmi.

Sono sudato, ho voglia di vomitare ma devo muovermi perché stalattiti e stalagmiti vengono fuori dal suolo e dal soffitto sempre più velocemente.

Riesco a vedere la mia stessa paura, una cosa solida che diventa liquida, acida, liquida e ancora acida.

Chiudo gli occhi e quando li riapro sono chiuso in una gabbia con lunghe sbarre.

La gabbia si rimpicciolisce, stringendosi intorno a me.

Le sbarre sembrano fatte con la stessa sostanza acida semisolida di prima.

Prendo nota di una cosa stranissima: tante gabbie identiche alla mia sono unite a formare una stella, o una forma simile.

In ogni gabbia è rinchiusa una persona. Ora che le vedo intrappolate, capisco che siamo tutti lì per un motivo. Inizio a capire.

La gabbia, le pietre, l’acido, sono prodotti della mia paura, che ora si scatena in modo reale quando il mio panico sta avendo la meglio.

Paura di cosa? Di cosa ho paura?

Ripensando alla mia vita di New York, dentro me so di avere più paure di quelle che dimostro.

Lì sotto, sono senza protezioni. È come se fossi tornato a essere un neonato, indifeso, appena uscito dal bozzolo di sua madre.

Non posso usare l’aggressività che mi faceva sopravvivere in strada, nella gang, l’unico modo per un giovane portoricano di andare avanti a New York.

In mezzo al dolore, un’altra cosa si aggiunge a tutto quel casino: vedo mio fratello John fuori dalla gabbia.

Ho un fratello?

Il suo profilo è simile al mio, sembriamo uguali.

Eppure…

D’istinto lo chiamo con tutte le mie forze ma lui non si gira. Dopo un po’ lo fa per metà, e vedo che sta piangendo sangue.

John si allontana dalla gabbia, io sono nel panico perché mi ha visto e li lascia qui. Poi penso a cosa avrebbe fatto Rael il teppista, al suo posto.

Avrebbe fatto la stessa cosa.

Il momento peggiore è stato quando John, la persona che volevo mi salvasse, mi ha abbandonato.

In quel momento non riesco a muovermi e vedo il mio corpo allungarsi come in un incubo.

Desidero solo trasformarmi in liquido per passare tra le sbarre e uscire dalla gabbia.

Allora faccio un altro pensiero: nella mia vita ho sempre avuto questa forma, un pezzo di marmo. Non sono mai cambiato. Ora qualcosa è cambiato.

Appena John sparisce, la mia gabbia si dissolve e io cado nel vuoto, girando come una trottola.

La mia prova, tra le mie paure e debolezze, è appena iniziata.

6. The Grand Parade Of Lifeless Packaging

Dopo aver girato per qualcosa come mille anni, finisco in una stanza con un pavimento lucido.

In lontananza, sento il rumore di un trenino giocattolo. Penso alla mia infanzia.

C’è una donna dietro un bancone da reception, appena le sono vicino vedo che è una bambola.

Mi mostra una vetrina con tante persone in miniatura e relativo prezzo in esposizione.

Non sono sorpreso di vedere la mia stessa marionetta tra tutte le altre.

Sembra una fabbrica che produce esseri umani. Mi dice che lì è tutto a mia disposizione, tranne alcuni pezzi nuovi.

Noto che tutti i “prodotti”, con numero di serie stampato sulla fronte, si assomigliano tra loro.

In quella “Grande Sfilata delle Confezioni Senza Vita” riconosco i miei compagni nella gang e vedo John, con il numero 9.

Inizia a girarmi la testa per quell’assurdità.

In che posto, anche molto sotto le fondamenta di New York, si producono persone in serie?

Ma la risposta arriva subito. Fa parte della vita, che a volte produce persone tutte uguali per carattere, personalità, sogni e prospettive.

Come se mi avesse letto nel pensiero, la bombola mi dice che tutti i soggetti hanno la garanzia di una nascita e infanzia senza guai.

Si può portarsi a casa una persona che ha bisogno di cure, o un uomo malnutrito.

Solo una piccolissima percentuale di loro avrà un piccolo grado di scelta nella propria esistenza.

Quella “sfilata” è lì per me. Io ho avuto un’infanzia infelice ma la fortuna di poter scegliere.

Tutte quelle persone non ce l’avranno. Non avranno libero arbitrio.

Rimpiango disperatamente la libertà che avevo fino a poche ore fa.

7 e 8. Back In N.Y.C. / Hairless Heart

Rivedere i miei amici di strada mi riporta a New York, nella mia vera vita.

La mia vita è stata difficile. I miei genitori sono peggio di me e il riformatorio di Pontiac mi ha segnato. Poco spazio, tanti letti e troppe persone.

Un giorno me ne andai e dopo poco trovai la mia gang.

Lì dentro, mi sento qualcuno. Sono il lanciatore del team, quello che picchia mentre un compagno tiene fermo il tizio di turno.

Viviamo in strada. Rapiniamo, vandalizziamo, io ho un debole per gli incendi.

Tanti dicono che sono un pazzo perché non ho paura di nessuno.

Non me ne frega di chi picchio, di chi mi metto contro. Anche se fossero i miei genitori.

Adesso, con gli occhi della mente mi vedo ritornare a casa da uno dei miei raid.

Trovo un porcospino per terra e mi metto a coccolarlo.

Immagino il mio cuore come il porcospino. Anche io ho un cuore appuntito di aghi, che ti fa male se cerchi di accarezzarlo.

Sogno che il mio cuore è rasato da un rasoio di acciaio inossidabile.

Forse è necessario per renderlo innocuo.

10. Carpet Crawlers

Mi trovo nel corridoio dell’immagine a destra nella cover di The Lamb Lies Down On Broadway, un tappeto di morbida lana d’agnello.

Un tappeto rosso ocra che pulsa, si muove e parla.

Con la mia seconda vista, profondissima, vedo molta più linfa vitale di quella che vedevo ogni giorno nelle strade di New York.

Vedo persone, animali e creature avvolti in lunghe strisce di plastica simile a pellicola. Sono vite teoriche, in trappola per sempre in una sorta di forma embrionale.

Io ho le lacrime agli occhi per il dispiacere di tanta vita sprecata e chiusa lì dentro. Mi chiedo come fare per uscire da quel guaio.

Nel corridoio ci sono uomini che strisciano, a tempo, verso una porta di legno con un occhio che si apre e si chiude, si apre e si chiude, ammiccando.

Mi sta guardando. Mi sta aspettando.

Gli uomini ripetono una sola frase, come una litania:

“We got to get in to get out…we got to get in to get out”

Dobbiamo entrare, per uscire.

Forse per uscire da un guaio, bisogna prima entrarci?

Quando la porta in legno si apre, c’è un grande banchetto a lume di candela e una scala a chiocciola che sale a spirale.

Inizio a salire. E’ l’unica direzione. Per la prima volta nella mia vita, non ho scelta.

Retro Copertina

Foto Destra – Foto Centrale

Hipgnosis inserisce altre tre foto nel retro copertina di The Lamb Lies Down On Broadway.

A sinistra sono senza bocca e senza parole. Non riesco a parlare, a farmi sentire, perché le voci sono troppe.

Al centro, un lungo corridoio e io che entro in una delle tante porte che non conducono a nulla.

Appesi al muro ci sono un impermeabile e un cappello. Non sono certo, ma potrebbe essere l’anestesista.

Tutte le porte, tranne una, conducono al nulla. Al punto di partenza.

Sono nella “Chamber Of 32 Doors”.

11. The Chamber Of 32 Doors

Entro in questa stanza grande come un emisfero al termine della scala a chiocciola.

Vedo tante porte tutto intorno. Tantissime persone, una grande folla, migliaia e migliaia di voci.

Tutti parlano, alcuni gridano e altri sussurrano. Le voci si sormontano e la baraonda diventa infernale.

Più mi avvicino, più la confusione aumenta. Sembra che lo facciano apposta. Io non riesco a parlare e ad ascoltare.

Ancora una volta ricordo la mia vita fuori.

Ho mai ascoltato qualcuno? No, compresi mio padre e mia madre, che ora vedo in questa stanza.

Sono mai stato ascoltato? Ancora una volta, no. Forse perché non ho saputo parlare.

Proprio come ora.

Devo fidarmi e credere in qualcuno per uscire da questo posto, ma per ora posso contare solo sulle mie forze.

Solo una porta conduce fuori, l’ho afferrato al volo nel groviglio di voci.

Ma quale?

Grido un poco gentile ma efficace “State zitti!” e per un momento c’è silenzio, il che mi aiuta a concentrarmi.

Mi butto nell’unico angolino tranquillo della stanza.

12. Lilywhite Lilith

La stanza è un urlo incessante, anche mio angolino.

Una donna, Lilywhite Llilith, mi viene vicino e dice:

“Please help me through the crowd”

Incredibilmente, anche se parla a bassa voce, io riesco a sentirla.

Vuole aiutarmi ma, non fidandomi del tutto, le rispondo che l’avrei aiutata se ci fossimo aiutati a vicenda.

A quel punto ho visto che era cieca.

Il grido diventa spaventoso al nostro passaggio in mezzo alla folla, io, la donna e la mia paura che dall’inizio non mi lasciato.

Lilywhite Llilith mi dice di non aver paura, che stanno arrivando per me.

Chi? Perché?

Non ricevo risposta. Resto da solo, nel buio più nero, ad aspettare.

Vedo una luce, in fondo, per qualcuno o qualcosa che si sta avvicinando.

Una luce bianca copre il nero, e sopra di tutto c’è il mio panico.

Retro Copertina – Foto Sinistra

Nell’ultima foto a sinistra, nel retro copertina, tutto sta crollando intorno a me.

Rocce, vetri, chissà cos’altro. Io per primo, nel tunnel dove Lilywhite Lilith mi aveva lasciato, avevo scagliato una pietra che forse ha provocato il crollo.

Forse avrei dovuto aspettare, affrontare la mia paura e pagarne le conseguenze, invece di reagire così d’istinto come al solito.

Devi capirmi, ero preso dal panico crescente della Waiting Room.

Comunque…

14. Anyway

Comunque è bello essere così profondi.

Preso dal panico e stremato, sento che il mio cuore non riuscirà a pompare ancora per molto.

“È il momento” penso, sto per andarmene. Ciao a tutti, ragazzi, è stato bello.

Comunque dicono che verrà su un cavallo bianco, lei, la morte.

È il momento, strano perché non sento dolore, devo essere andato sul serio fuori di testa.

Mi vedo allungare, forse è Dio che mi usa come elastico.

Lasciami fuori sull’arcobaleno, per favore. L’importante è che il conto tra noi due resti aperto.

Il suono di un campanello. È il mio turno?

Qualcuno dice:

“Good morning Rael. So sorry you had to wait. It won’t be long, yeah! She’s very rarely late.”

Non è ancora finita.

15. Here Comes The Supernatural Anaestesist

L’anestesista è una persona poco raccomandabile.

Resto fermo. Se solo mi soffiasse addosso, mi farebbe morire.

Allora sto fermo, immobile. Anche se volessi, non potrei muovere buona parte del mio corpo, già anestetizzata.

16 e 17. The Lamia / Silent Sorrow In Empty Boats

Insensibile, dopo l’anestesia, cammino in un altro corridoio illuminato da un lampadario.

(Quanti corridoi ho incontrato oggi? Almeno quattro. Ogni corridoio è una strada da prendere nella vita? È una via da seguire?)

Diversi profumi mi accompagnano in una camera di rara bellezza, con una splendida piscina di acqua rosa.

Nella nebbia sottile vedo l’acqua muoversi. Qualcosa sta emergendo in superficie, piccole onde si formano in tre punti diversi.

Resto impietrito da cosa vedo: tre donne con il corpo di serpenti di colore rosso vermiglio.

Il serpente si muove con eleganza, la parte di donna è di una bellezza disarmante.

I loro occhi sono straordinari, tanto che non riesco a evitare di fissarli.

Le Lamia sono come le sirene di Ulisse. Rapiscono bambini e giovani uomini per berne il sangue e mangiarne le carni.

Sono l’esempio più antico di inganno e tentazione.

Da chi mi sono fatto tentare, nella vita? Chi mi ha ingannato? Chi ho ingannato?

La mia è stata una corsa al successo e al rispetto.

Vado verso di loro, ho sempre più paura ma il mio corpo non risponde agli stimoli esterni che non siano le Lamia.

Quando arrivo da loro mi leccano, annusano e assaggiano, assaporando la mia carne di giovane uomo.

Non sento dolore, sono stato anestetizzato.

È un amplesso appagante, carnale e mortale.

Per loro…

Con mio grande stupore, appena mangiato un po’ del mio sangue iniziano a dimenarsi dal dolore e poco dopo galleggiano morte nella piscina.

Il mio sangue non è quello di un bambino o del giovane che si aspettavano.

Se loro, abituate a mangiare giovani e fanciulli, sono morte con il mio sangue, che veleno scorre nelle mie vene?

Prima di uscire da quella stanza vedo la piscina che diventa ghiaccio sotto i miei occhi.

Fuori dalla stanza, mi sento come una barca vuota in mezzo al mare.

Il dolore lasciato dalle Lamia è silenzioso, non fa male.

La barca mi porta a un covo di mostri, la “Colonia degli Slippermen”.

Silent Sorrow In Empty Boats è un interludio per collegare le Lamia agli Slippermen; nei concerti, serviva per lasciare a Peter Gabriel il tempo di togliersi il costume di Lamia e indossare i panni dello Slipperman.

Lo spettacolo può continuare.

18. The Colony Of Slippermen (The Arrival, A Visit To The Doctor, Raven)

THE ARRIVAL – A VISIT TO THE DOKTOR – THE RAVEN

Sapevo che le stramberie in questo universo parallelo non erano ancora finite.

Mi si avvicina un essere mostruoso, ciondolando a destra e sinistra. Sembra fatto di gelatina, pieno di bozzoli e squarci.

Però non mi fa paura, è buffo. Anche perché mi dice un “Ciao” che suona come “Cieeaao”

Quel quadro di Picasso che ha al posto del viso non smette mai di ridere.

Lo Slipperman (così si chiama il mostro) mi invita nella sua colonia e poi mi dice, non so perché, che loro sono uguali a noi umani.

Subito non capisco cosa voglia dire, e nutro forti dubbi che io sia come loro, ma come se mi avesse letto nel pensiero il mostro mi dice che sono anche capaci di amare.

E se fosse vero? Noto che il suo corpo è senza forma, come il mio.

Lo Slipperman mi è amico ma mi dice di stare attento, allora capisco che è meglio andare a trovare John.

Ma non ci riesco. Tutto sembra programmato per me. Non c’è come, perché e quando nella colonia degli Slippermen.

Finisco dal Dottor Dyper, che mi toglie il tergicristallo e mette tutto sotto aceto, al sicuro, in un tubo giallo.

Poi mi sembrava di essere tornato a Broadway stamattina.

É diventato buio di colpo, ma era “solo” il corvo che scende in picchiata e ruba il tubo.

John mi dice di non seguirlo, perché non sapevo che fine avrebbe fatto.

Ma io mi butto alla caccia, perché lui è già andato avanti, e allora vado giù per un sentiero sempre più stretto fino a un precipizio.

Il tubo giallo è in acqua, e anche John.

Devo buttarmi.

Verso il Finale

19 e 20. Ravine / The Light Dies Down On Broadway

Camminando sul ciglio del burrone, vedo una finestra per tornare indietro.

E’ sulla riva del fiume e sento che conduce direttamente a Broadway.

Sento i suoni della metro, la mia casa, i miei amici. Sento qualcuno lamentarsi perché qualcuno lo sta per picchiare. Ma non io, non più.

Stavo per tornare indietro,  promosso senza affrontare l’esame.

Allora, ragazzi, è qui che si esce? I sogni di Peter Gabriel sono finiti o entrerò in un altro palcoscenico?

Così penso, sto per andare e a un tratto sento urlare nell’acqua. Una figura si agita per chiedere aiuto. É John, così simile a me che sembro io in pericolo di vita.

Ora è lui che ha bisogno di me. Ritorno con i pensieri a quando ero in quella gabbia e non ci metto molto a prendere una decisione.

La vita di Broadway non mi appartiene più. La luce di Broadway è morta.

Forse l’unica decisione saggia e umana che ho preso nella mia vita.

La più importante.

Dovessi restare in questa dimensione parallela per sempre, voglio almeno provarci.

Mi butto giù dal precipizio, cavalcando la ghiaia. Mi tuffo in una corrente che non ho mai visto così nemica e rumorosa.

Non so come andrà a finire, ma nell’impatto con l’acqua sembra che la corrente abbia occhi e bocca. Mi sta sorridendo.

22. Ancora In The Rapids

Ora conosci la mia storia.

Quello che la gente chiamerà, a volte senza capirne il significato, The Lamb Lies Down On Broadway.

E ora, la parola fine.

Vado giù trascinato dalla corrente, John esce dal mio campo visivo. Ho freddo, sento il tuono liquido dell’acqua che si schianta intorno a me.

Le rocce mi scivolano tra le mani e tiro pugni alla cieca, per andare avanti mentre la risacca mi tira giù.

Fino a quel momento la mia paura mi aveva messo sotto ma ora sono io che la cavalco, come con le onde, troppo grandi per essere un semplice fiume.

Ma ci provo, resisto, ce la faccio.

Un lunghissimo istante di vuoto per la paura di perdere John, poi finalmente lo afferro. Ci teniamo stretti a una roccia, sostenendoci.

Da così vicino, il suo corpo è ancora più familiare.

Quando tutto si calma intorno a noi e l’acqua rallenta, John è ancora di spalle.

Lo giro verso me ed è in quel momento che ho visto. Ho visto la trasformazione.

Il suo viso, che mi somigliava davvero molto, all’improvviso cambia davvero.

Non è il viso, John, è il mio. É il mio viso. Sono Rael, sono sempre stato io! Sono sempre stato io.

23. IT

IT è la parte finale della storia di Rael, ripresa da Hipgnosis nella foto a destra e fuori sulla copertina di The Lamb Lies Down On Broadway.

Rael assume una nuova forma, cioè è tutte le forme e nessuna nello stesso momento.

Si stacca dal proprio corpo e diventa un entità indefinita, spettatore che non può intervenire ma anche parte di ogni singola cosa.

La fine di The Lamb Lies Down On Broadway è aperta a ogni interpretazione.

Sembra sia l’intento di Peter Gabriel: incoraggiare ogni ascoltatore a trovare il suo significato, e sembra dircelo nel testo.

La parte:

‘Cos it’s only knock and knowall, but I like it
Yes it’s only knock and knowall, but I like is
Yes it’s only knock and knowall, but I like it like it…

A parte un tributo ai Rolling Stones e il loro “It’s Only Rock And Roll But I Like It”, la frase “Knock and Know It All” può essere vista come “Bussa e conosci tutto”  una sorta di “Bussa e ti sarà aperto”.

Il senso è: trova il tuo significato e saprai tutto ciò che ti serve sapere su quest’album.

E poco prima, le parole:

If you think that it’s pretentious, you’ve been taken for a ride

(Se pensi che sia pretenzioso, ci stai facendo un giro) Molte persone pensavano che il progetto “The Lamb” fosse, in effetti, pretenzioso.

Gli stessi compagni di Gabriel lo pensavano, nonostante l’entusiasmo di comporre un concept album.

Rael ha scoperto che la persona che inseguiva dall’inizio era la versione buona e umana di sé stesso, e ha assunto un’altra forma.

Non è più solido: ora può essere dappertutto e da chiunque.

Con una musica ritmata e allegra, per la prima volta in The Lamb, Rael diventa una soggetto neutro, e sta bene.

La musica di IT sembra farlo volare in un tutt’uno con la vita, intesa come nome proprio, obiettivo ultimo delle persone e massima espressione di ogni cosa.

Finalmente Rael è Real. È reale. È la vita.

Il sesso non fa più paura perché “è un pollo, sono uova, è tra le tue gambe”

Andarsene via da casa (il bozzolo) non spaventa, e non serve usare la forza, perché ora puoi camminare anche sulla luna.

Puoi vivere anche in un luogo sconosciuto, lontano dalla tua casa, dal tuo mondo.

L’ultima cosa che Rael ci ricorda è di fare della propria vita quello vogliamo. Basta deciderlo.

“Look across the mirror sonny, before you choose, decide”

Decidi chi vuoi essere prima di scegliere chi vuoi essere.

FONTI

http://www.bloovis.com/music/lamb.html

http://www.songfacts.com/detail.php?id=1060

Diverse cose scritte in questa storia nascono da una mia interpretazione dopo giorni e notti ad ascoltare The Lamb durante gli anni. Spiegare la storia di The Lamb, forse uno dei concept-album più complessi, credo sia anche libera interpretazione, soprattutto nel finale con “IT”. Questo sembra anche essere l’intento di Peter Gabriel (lasciare un margine di interpretazione a ogni persona che ascolta), in base alle interviste del frontman dei Genesis negli anni successivi. Spero che questa storia ti sia piaciuta, e soprattutto ti abbia fatto ascoltare (o riascoltare) uno dei dischi più belli di sempre.

Preferisci i Genesis (solo per i veri fan del gruppo):
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