The Dark Side Of The Moon
Pink Floyd (1973)

Copertina Originale: Hipgnosis Studio

Etichetta: Harvest

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THE DARK SIDE OF THE MOON TRACKLIST
(TESTI E TRADUZIONI)

The Dark Side Of The Moon. Quando Roger Waters e Richard Wright componevano canzoni a quattro mani, e Nick Mason scriveva brani da solo. Eh si, passerà tanto tempo. E tanto ne è già passato.

Inizio a battere queste prime parole la sera di domenica 5 maggio. L’orologio dice che sono le otto.

Il tempo è pessimo, non solo perché passa senza guardare in faccia nessuno ma perché piove da giorni e giorni. Almeno qui.

“Non può piovere per sempre”, si dice. Magari. Chiunque l’ha detto non è mai stato nel nord-est Italia a maggio del 2019.

Oggi il cielo è un insieme compatto di nuvole, tra poco sarà buio e la notte stenderà un velo nero nel cielo.

Da qualche parte ci sarà anche la luna, ma non spunterà. Non qui e non stasera.

La luna resterà nascosta nel suo lato oscuro, a patto che esista un lato oscuro della luna (spoiler: non esiste, “di fatto è tutta oscura”), ed è solo un caso se sto ascoltando The Dark Side Of The Moon, adesso, seduto vicino a una finestra. Un caso? Ok, no. Non è un caso.

É tutto perfetto, nel frattempo il cielo si è fatto buio perché le ore sono diventate due e gli ascolti di questo album tre, e la finestra nera è così simile a questa copertina che mi viene naturale pensarci, pensare al suo significato…e scriverci.

Il prisma di The Dark Side Of The Moon

É la copertina più famosa dei Pink Floyd, la più imitata e la più semplice.

Ha il bianco, il nero di una notte senza luna e i colori dell’arcobaleno. Ha tutti gli elementi che torneranno nei testi di Roger Waters.

Ed è la più grafica, con poche cose nel posto giusto, perché i nostri occhi facciano il tergicristallo da destra a sinistra, o da sinistra a destra, per tutta la lunghezza di questo orizzonte, perché così deve essere. La copertina del loro primo, vero concept album fatto e finito, mai spiegato del tutto da nessuno dei Pink Floyd, particolare che lo renderà più oscuro della somma degli altri album.

Ma in realtà l’album non è così misterioso. La chiave è la sequenza dei brani.

La copertina di The Dark Side Of The Moon è la scomposizione dei colori da una luce bianca che entra in un prisma.

Il matematico e filosofo Isaac Newton aveva sperimentato il metodo nel 1666, lo studio grafico e creatore seriale di copertine Hipgnosis Studio lo utilizza per l’ottavo lavoro dei Pink Floyd.

D’altronde, Richard Wright aveva chiesto un design pulito, elegante e grafico, dopo la mucca di Atom Heart Mother e l’orecchio subacqueo di Meddle, e scusate se non esiste sulla faccia della Terra (e nemmeno nel suo satellite) un’immagine musicale più perfettamente grafica di questa.

É una delle (sette, otto, forse nove) idee che Storm Thorgerson e Aubrey Powell propongono ai Pink Floyd in un forsennato autunno del 1972. C’è da meravigliarsi sfogliando il catalogo delle copertine di Hipgnosis perché, in mezzo alle oltre trecento fotografie, Dark Side spicca per contrasto essendo l’unica cover di Hipgnosis disegnata.

Disegnata da chi?

Da George Hardie, è lui a disegnare i tratti essenziali partendo da un’illustrazione che Thorgerson aveva trovato sul processo di creazione della luce attraverso un prisma di vetro.

Un triangolo. Una linea bianca. Sei linee parallele colorate.

Tutto intorno: il nero.

Il raggio di luce bianca proiettato nel prisma disperde sei colori: rosso, arancione, giallo, verde, blu e porpora.

Sono i colori dell’arcobaleno, l’intruso è il porpora che sostituisce l’indaco e il viola perché questi ultimi, posizionati vicini, avrebbero creato confusione a chi guardava la copertina nei negozi. Con un sospiro di sollievo per i daltonici come me.

La luce bianca si divide nei colori presenti in natura, questi colori sommati insieme danno per risultato la luce bianca. Thorgerson inserisce il processo inverso nlla back cover: la creazione della luce bianca, con l’arcobaleno che parte da sinistra e il prisma rovesciato.

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L’arcobaleno separa i testi dei brani nel gatefold, con uno dei colori (non chiedermi quale) che diventa il battito cardiaco udibile a inizio (nascita) e fine (morte) dell’album.

Thorgerson sceglie il triangolo perché rappresenta la profondità e l’ambizione dei testi di Roger Waters. Lo mette al centro perché i testi di Waters sono una delle arterie principali del cuore di The Dark Side Of The Moon.

Hipgnosis vuole omaggiare i concerti dei Pink Floyd agli inizi degli anni ’70 e inquadra la copertina nel concetto di “luce” per ricordare come il gruppo padroneggiava la scenografia, la loro abilità dal vivo e il loro spirito d’avanguardia non solo con i suoni, ma anche sul palco. I Pink Floyd diventeranno sempre più bravi (anche se con qualche incidente di percorso), in particolare con il The Wall Tour, con il passare del tempo.

Ah sì, il tempo.

Padrone di tutto e anima di quest’album.

E allora, di cosa parla The Dark Side Of The Moon?

Riflessioni in due atti

The Dark Side Of The Moon è la diga che si rompe dopo anni di sperimentazioni.

É il perno della storia dei Pink Floyd, lo spartiacque perfetto: sei anni dopo l’esordio di The Piper At The Gates Of Dawn, sei anni prima di The Wall. Ai due lati, due formazioni e due anime: la prima di Syd Barrett, la seconda di Roger Waters.

In mezzo, gli unici due album composti dai Pink Floyd come un gruppo vero. Prima della stretta di mano di Wish You Were Here, prima dell’assurdo 5 giugno 1975, prima della dittatura Waters e la band in tre, prima di tutto questo The Dark Side Of The Moon è la luce che si accende, come una lampadina.

Dicevamo che la chiave per comprendere l’album è la notare l’ordine dei brani. La sequenza delle canzoni raccontano il percorso psicofisico, a livello personale e nella società, che può condurre al crollo mentale di una persona.

E il momento in cui The Dark Side Of The Moon entra nel vivo è proprio Time, uno dei brani più tristemente sinceri che mente umana abbia mai scritto.

Quei primi dieci secondi di silenzio, un lieve disturbo poco prima del tic-toc sincronizzato degli orologi e il trillo della sveglia con cui iniziano le danze.

Come sempre, è tutta una questione di prospettiva, di percorso e di maturità.

Ascolti Dark Side in alcuni periodi della tua vita e a certe età, e rischi di ascoltarlo a caso, farai quasi fatica a sentire che sta parlando proprio a te.

Ma più invecchi e più quest’album diventa rilevante, e Time ha il pregio o il difetto di esserlo sempre di più, ogni volta che ragioni bene sulle parole.

Perché The Dark Side Of The Moon è copertina oscura, e tema dell’album limpido. Ma occorre unire alcuni punti.

Scorrendo i temi degli album dei Pink Floyd anni ’70 (e l’unico degli anni ’80 degno di nota, The Final Cut) risulta che sono tutti album personali, tutti tranne The Dark Side Of The Moon:

  • Atom Heart Mother: non è un concept ed è ancora troppo sperimentale per avere una direzione
  • Meddle: un disco fondamentale, un ponte, come dichiarato da Waters: “uno sforzo di gruppo”, ma è un concept? Mmh, no.
  • Wish You Were Here: per Syd Barrett, contro le case discografiche, ma sempre per Syd e con Syd
  • Animals: un’invettiva contro i potenti, i politici e le masse belanti della società
  • The Wall: l’album più personale di Roger Waters
  • The Final Cut: il padre di Roger Waters

E The Dark Side Of The Moon?

È l’unico a parlare del tema che tutti noi esseri umani abbiamo in comune.

Lo scorrere della vita, i pericoli di entrare in un vortice di pazzia, vivendo un’esistenza di insoddisfazioni, e in ultima la morte.

L’album è diviso in due, ovviamente, come le due facce di un vinile o della luna. Il primo lato racconta il vivere una vita:

Speak to Me / Breathe: parlare, respirare. In due parole: nascere. Il battito del cuore, il ticchettio dell’orologio, ingranaggi meccanici, risate, voci, frusciare di banconote e tintinnio di monete, tutto si unisce e tutto si sormonta, creando una limpida confusione, e alla fine un piangere forte, un urlo disperato come quello di un bimbo che vede la luce. Nascere.

On The Run: appena è possibile, la società ti chiedere di correre. Appena puoi, corri. È una gara, ma non è chiaro contro chi stai correndo. Devi correre per restare al passo con la vita, per non rimanere indietro.

Time: il tempo che passa, stronzo e bastardo, e all’improvviso ti ritrovi con dieci anni in più e la stessa gara da correre, ma sei molto più vecchio. Sei rimasto indietro. Hai buttato via tempo. Prima non capivi le cose, ora sì. Ora sai di dover correre, sei consapevole di questo, e ciò cambia tutto. Vorresti aver sentito lo sparo della partenza. Troppo tardi.

The Great Gig In The Sky: “And I am not frightened of dying, any time will do, I don’t mind” vuol dire che in effetti sì, pensi alla morte e forse hai una lucida paura di morire. “Il grande concerto nel cielo” immagina la dipartita verso l’aldilà come uno show gigantesco. È un pensiero ricorrente, quello della morte, perfino normale, un flusso che scorre senza tante parole. Infatti questo brano non ha parole ma solo i vocali di Clare Torry, eseguiti da lei quasi a caso durante le registrazioni di Dark Side (e finalmente accreditata) ma così potenti che sembrano voler combattere la morte, o inghiottirla, o disperdere un destino che toccherà a tutti.

Dopo The Great Gig In The Sky, c’è l’unica interruzione dell’album. Giri il vinile e cambi lato, dunque c’è per forza un stacco.

Ma nel lato B di The Dark Side Of The Moon cambiano le tematiche, le riflessioni si spostano sulla società.

Cosa può fare la società per portare una persona alla follia?

Money: soldi. Una parola, infinite ripercussioni. Il mondo gira intorno all’asse del denaro.

Us And Them: conflitti e lotte. Parla di guerra, essenzialmente, come dirà Waters “di quanto la gente sia più o meno in grado di essere umana”. Ci trovi il messaggio che non c’è davvero nessuna distinzione tra “us and them”, non c’è divisione, non c’è differenza, nonostante quello che ci dicono. Me and you; black and blue; down and out; with, without.

Any Colour You Like: incollata a Us And Them, sono l’una parte dell’altra. Any Colour You Like forse parla dell’eterno conflitto di avere sempre una scelta. Sembra che David Gilmour scelse il titolo in riferimento a una frase di Henry Ford parlando della sua Model-T: “You can have it any color you like, as long as it’s black.” (“Puoi averla di qualunque colore ti piaccia, a patto che sia nera”). Se accettiamo questa ipotesi c’è del sarcasmo perché una persona, nella vita, ha meno scelta di quello che crede.

Brain Damage: il momento in cui una persona va “fuori di testa”, in molti modi. Cambiando, adattandosi, non fissando obiettivi, seguendo il denaro e ideali sbagliati, sprecando il tempo, avendo paura della morte, non avendo scelta. Syd Barrett? Certamente.

Eclipse: il riassunto di ogni vita, con tutti i suoi sensi e tutte le sue azioni. Con una sola parola: tutto. “All”, la parola più presente nel brano.

E gli ultimi due versi

(And everything under the sun is in tune
But the sun is eclipsed by the moon.

“There is no dark side of the moon really.
Matter of fact it’s all dark.”)

Li ho sempre considerati tra i più importanti dell’intero album benché restino in disparte in coda a Eclipse, ma ho idea che ci vorrebbe un libro per analizzarle. Anche due. O forse un altro album.

E chi vorrebbe farlo? Sarebbe come pretendere di sapere cosa c’è nel lato oscuro della luna. Come voler sapere cosa si nasconde dietro al meccanismo psicologico del tempo, perché i secondi volano se siamo felici e le lancette sono ferme se stiamo male?

Sarebbe come voler capire perché i soldi comandando il mondo. Come reclamare il diritto di conoscere cosa c’è dopo la morte, e tornare per testimoniarlo, quando già l’atto di pensare di farlo presuppone il fatto che tu sia in vita.

Ma possiamo provarci comunque, no?

È un delizioso gioco di contrasti e metafore, con il sole che è vita e armonizza tutto e la luna che eclissa il sole, come ogni vita può contenere dentro abbastanza follia da oscurare il senso della vita stessa. Perché in ogni esistenza e ogni cosa visibile c’è sempre il rovescio della medaglia, il suo esatto opposto, il suo lato oscuro.

Ma il punto è che l’eclissi finirà. La luna dovrà pur spostarsi da lì, no?

E allora, anche la pazzia di vivere una vita di insoddisfazioni può finire.

La faccia oscura e non visibile, dato che la luna mostrerà sempre il suo lato di luce riflessa dalla Terra, è ogni cosa non spiegabile, sconosciuta e che nessuno saprà mai.

Per esempio quando finirà questo tempo del cazzo. Finisco questa riga che è il 26 maggio, ventun giorni dopo l’inizio. E piove ancora.

Sì, intendevo tempo in senso metereologico.

L’altro tempo, il Tempo, beh, quello non finirà mai, presumo.

Nella storia dei Pink Floyd succedeva…

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1972 – Obscured By Clouds

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1975 – Wish You Were Here

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