Testo, Traduzione e Significato di
Atom Heart Mother (Suite)

Atom Heart Mother

1970

Pink Floyd

Composta da: Ron Geesin, David Gilmour, Roger Waters, Richard Wright, Nick Mason

(Il testo di questa canzone è inserito in questo sito solo come citazione per la traduzione e per cercare di spiegarne il significato.
É una divulgazione culturale per gli amanti della musica e per chi è curioso: non ci sono fini economici e tutti i diritti sul testo sono riservati agli autori.)

Atom heart mother

“Here is a loud announcement!”

“Silence in the studio!”

Madre dal cuore atomico

“Ecco un annuncio rumoroso!”

“Silenzio in studio!”

Storia e “Significato” di Atom Heart Mother

Pensavo al nostro cervello.

É facile visto la sua vicinanza con la mente.

Il nostro organo più complesso e straordinario (sebbene qualcuno non sarà d’accordo) ha la capacità di cambiare in base alle esperienze e agli stimoli della vita, ma la cosa che mi ha sempre colpito è che il cervello umano tende a razionalizzare.

Con i cinque sensi lui cerca una logica, un motivo, un perché. Persone che vedi, cose che mangi, musica che ascolti.

In particolare lo fa con la musica che non riesci a tenere su binari comodi.

In questi casi, il tuo cervello può accontentarsi di darti solo sensazioni, ma altre volte vuole un collegamento tra il significato del brano e un fatto, un’esperienza della tua vita.

Può pretenderlo anche con Atom Heart Mother.

Al primo ascolto questo brano può essere un’interferenza per diventare un sottofondo con il passare del tempo.

Più il cervello ci si abitua più passerà dal sottofondo alla piacevole sinfonia, da ascoltare di proposito, ma se vai avanti e l’ascolti abbastanza il cervello farà toc toc e ti chiederà: “Sì però che cosa vuol dire?”

E non avrà risposta. La verità è che Atom Heart Mother non ha un significato preciso.

Davvero. Non ce l’ha.

Non puoi neanche interpretare le parole perché non le ha, se non “Here is a loud announcement!” e “Silence in the studio!” ma spiegami, se puoi, spiegami perché io non so.

La sua storia è davvero affascinante ma la sua anima è una caccia al tesoro senza indizi.

Spinto dalla mia innata curiosità ci ho provato, ho cercato, ho scoperto che c’entra con la mucca in copertina ma il vero perché sembra rimasto al 1969.

Se avessimo il numero di Waters, Gilmour o Mason si potrebbe chiederglielo, sempre che vogliano parlarci di una canzone che, con il senno di poi, detestano.

Atom Heart Mother è una parentesi aperta e chiusa.

Forse è questo il senso, mancanza di razionalità con forte casualità, perché qui parliamo di Pink Floyd lontanissimi (qualche anno luce in un paio d’anni) dal gruppo che tutti conosciamo.

Pink Floyd di cui ricordo il mio primo incontro.

Tanto tempo fa. Andavo alle superiori.

Mentre ascoltavo Atom Heart Mother per la prima volta, a scuola, cercavo di immaginarmi i Pink Floyd ma non ci riuscivo.

Quei primi tre minuti mi sembravano l’intro di un colossal americano anni 40, un’avventura alla Moby Dick o un film di Stanley Kubrick. Una colonna sonora su qualcosa di epico e inevitabile che sarebbe successo da lì a poco. Una fuga dalla scuola, un’ora di supplenza o something like that.

“Se inizia così chissà cosa ci sarà nei prossimi minuti” devo aver pensato distrattamente in mezzo alle trombe.

Mi sbagliavo, la musica si calmava, il senso d’urgenza svaniva ma a un tratto c’era il nitrito di cavalli al galoppo, fucilate in sottofondo e un motore che parte.

“Sembra proprio una colonna sonora!” Chissà di che film.

Mi sbagliavo. Due su due. Ma a mia discolpa devo dire che oggi le sensazioni restano le stesse.

Più l’ascoltavo, non capendoci granché, più questo brano mi intrigava.

Quella prima volta mi ci son voluti tre minuti per avvicinarmi alla musica, e almeno quattro perché qualcosa mi portasse a The Dark Side Of The Moon.

Conoscevo i Pink Floyd conosciuti.

Possiamo dire classici? Sì, possiamo, perché la differenza tra Atom Heart Mother e i pezzi celebri dei Pink Floyd è il tempo.

Loro, che canteranno del tempo che cambia, ti cambia, che passa e ti passa davanti, ti uccide e ti lascia senza parole

The time is gone, the song is over,
Thought I’d something more to say

…beh loro componevano cose strane tipo Atom Heart Mother, che con Echoes fa parte di quei viaggi che ami o detesti, senza mezze misure.

Certo una via di mezzo c’è sempre. La curiosità.

Se sei qui vuol dire che ami anche quei Pink Floyd meno accessibili, alla pari dei Pink Floyd commerciali (mi sento male ad accostarli a un termine dal senso così negativo oggi, ma tant’è) o sei almeno incuriosito dalla genesi del brano.

Brano? Non scherziamo.

Atom Heart Mother è più un brano.

È una berlina senza sospensioni in una strada lunga, buia, sterrata e piena di curve. Cinque persone guidano, ma solo due hanno la patente.

La strada ha sei lampioni che indicano la direzione, le sei parti della traccia:

  1. Father’s Shout (Il grido del padre)
  2. Breast Milk (Latte materno)
  3. Mother Fore (La parte anteriore della madre)
  4. Funky Dung (Sterco funky)
  5. Mind Your Throats Please (Attento alla tua gola per favore)
  6. Remergence (“Riemergenza” – intraducibile, combinazione tra due parole)

Le due persone con la patente (cioè che sanno leggere la musica) sono Ronald “Ron” Geesin, musicista d’avanguardia che collaborò con i Pink Floyd e un certo Richard William Wright.

Saper leggere la musica non significa niente, il mondo è pieno di geni non in grado di leggere lo spartito che esaudiscono ogni desiderio.

È vero.

Ma se Atom Heart Mother è venuta alla luce il merito è di Ron Geesin, che compone il puzzle dando un senso logico a tutto e facendolo diventare una suite. Razionalizzandola almeno un po’, perché le case discografiche amano le cose razionali, concrete e registrabili.

Geesin guida per buona parte del tragitto ma sale in macchina solo a metà strada.

All’inizio erano i Pink Floyd e ancora prima c’era solo David Gilmour a suonare una partitura di chitarra a caso, perché, come lui stesso racconterà molto tempo dopo, all’epoca nessuno di loro aveva la minima idea di dove andare e cosa fare.

Quel giorno di fine novembre 1969 a David esce un pezzo di chitarra che gli ricorda la colonna sonora di un vecchio western (quando lo scoprì il mio cervello mi fece notare che la soundtrack in effetti c’entrava qualcosa)

“Sembrano i Magnifici Sette!” disse Roger Waters, che criticherà sempre questo brano e tutto l’album, un po’ come David con le definizioni di “Our weird shit” e “The most thrown-together thing we’ve ever done”.

Quel giorno però a Gilmour piace e la battezza Theme From An Imaginary Western.

Waters si mette in scia di David e compone pezzi aggiuntivi; poco dopo anche Wright e Mason salgono in giostra.

I Pink Floyd erano già conosciuti, avevano appena pubblicato Ummagumma.

Erano quattro (da poco tempo Syd Barrett era stato escluso l’anno prima), erano quasi sempre in tour, però suonavano sempre.

Suonavano e basta.

Visione, combinazioni, esperimenti e quel che veniva, veniva.

Nella loro fase sperimentale, i Pink Floyd facevano le cose insieme e anche questo cambierà negli anni a venire.

Con Atom Heart Mother aggiungono, tolgono, moltiplicano, tagliano i pezzi del collage facendo defluire il flusso creativo dentro di loro.

Poi attaccano le parti con riprese di chitarra, pianoforte e nastri.

Portano il pezzone nella tournée di Ummagumma fino ad aprile 1970, con il titolo The Amazing Pudding (per un breve periodo si chiama anche Epic).

Lontano dal palco capiscono di non poter registrare quella roba per un album. La EMI non li avrebbe nemmeno fatti entrare agli Abbey Road Studios. Non prima di aver unito il tutto.

Ron Geesin è la persona che sale a bordo della macchina Atom Heart Mother (autostop, magari) e inserisce l’orchestra.

Nick Mason lo aveva conosciuto pochi mesi prima a un concerto dello stesso compositore, poeta, scrittore, pianista e suonatore di banjo.

Altro? Sì, da oggi anche compositore di partiture classiche in un pezzo rock.

I Pink Floyd lo lasciano da solo a scrivere la partitura, lui e un nastro di qualità pessima, sconnesso e illogico dal punto di vista musicale.

Prima di ripartire per il tour negli Usa i Pink Floyd non dicono a Geesin di voler inserire anche rumori comuni come voci, respiri e scorregge.

Le uniche dritte sono una nuova registrazione del tema principale di Gilmour, l’idea del coro di Wright e gli effetti su nastro di Waters e Mason. Un po’ pochetto.

Il povero Ron chiede l’aiuto del pubblico, cioè l’orchestra.

La EMI invia un gruppo di musicisti di tutto rispetto: un violoncello, tre trombe, tre tromboni, tre corni, una tuba, due violini e due legni. Infine, altre due squadre di calcio con i 22 coristi di John Aldiss.

Totale fanno almeno 37 persone per la suite Atom Heart Mother. Pagamento in contanti. Praticamente un autobus che segue l’auto.

C’erano solo (si fa per dire) due problemi: primo, i musicisti erano pagati a ore, il che voleva dire per Geesin volare a ritmi elevatissimi nella composizione. Secondo, erano musicisti eccelsi, i migliori d’Inghilterra, ma poco abituati ai cambi di tempo del nastro inciso dai Pink Floyd.

Il giovane Geesin (27 anni, coetaneo di Waters e Wright) si ritrova da solo nelle fauci della EMI a realizzare l’arrangiamento dell’orchestra partendo dalle progressioni di A Saucerful Of Secrets e Interstellar Overdrive.

Unico responsabile dell’arrangiamento del pezzo che avrebbe occupato un intero lato del nuovo album di una band molto promettente.

Una gran bella pressione per un ragazzo bravo ma senza un titolo tipo “direttore d’orchestra” (con cui i produttori avrebbero detto “Ehi! Tu ci sai fare!”).

Vabbè ma per Ron quello è un pezzo unico. Cosa sarà mai?

Atom Heart Mother era un pezzo unico solo nella sua testa.

Steve O’Rourke, manager dei Pink Floyd, gli spiega che il gruppo, negli Usa, guadagna le royalties a seconda del numero di tracce.

Per motivi economici, i 23 minuti abbondanti sono divisi in sei.

I titoli dei sei pezzi sembrano collegati al tema della mucca.

1. Father’s Shout (0:00 – 2:56)

Opera del solo Geesin, con trombe e ottoni che ci accompagnano per i primi tre, fatidici minuti. Con gli effetti sonori a creare suspance. Sembra sia Geesin a proporre il titolo pensando al pianista Earl “Fatha” Hines, suo idolo da sempre. Pretendere di sapere il perché è troppo, sono cose personali, suvvia.

2. Breast Milky (2:58 – 5:26)

Titolo collegato alla mucca per la mammella con il latte, è forse il momento più bello del brano. Un delizioso dialogo tra organo, violoncello e chitarra di Gilmour che da solo vale tutto.

3. Mother Fore (5:27 – 10:12)

I cori. Inquietanti, bellissimi, prima acuti e poi gravi, raccontano una storia senza parole tra l’organo e il basso di Waters. La batteria di Mason sbuca in modo straordinario. Il titolo si può tradurre con “La parte anteriore della madre” cioè il petto, il seno di una donna, il tema ricorrente dell’allattamento.

4. Funky Dung – Sterco funky (10:13 – 15:26)

Funky, infatti, chitarra e organo Hammond duettano come in certi punti di Echoes e Any Colour You Like. Il coro gospel sembra parlare in una lingua sconosciuta, incomprensibile (giuro di aver pensato più volte all’Asia e all’Oceania) e mette sotto pressione il brano fino al ritorno dei fiati, un urlo liberatorio in questa parte.

5. Mind Your Throat Please – (15:27 – 19:10)

Psichedelici. I vecchi Floyd. Effetti, voci, rumori che sentiremo ancora in Echoes, qualcosa che può provenire dagli abissi marini o dal più lontano degli universi paralleli. Ci sono le uniche parole del brano, “Here Is a Loud Announcement” a 17:27 circa e “Silence in the studio!” a 19:09 pronunciate da Mason con voce distorta. Ce ne ricorderemo l’anno dopo con One Of These Days e il suo “…I’m going to cut you into little pieces”.

6. Rimergence – (15:27 – 19:10)

Titolo non traducibile frutto dell’unione tra “ri” ed “emergenza” ma anche “emergere ancora”. Nell’ultimo pezzo riemerge l’ouverture dei primi minuti, il pezzo ritorna più ordinato, meno allucinogeno.

Molto di questo è merito di Ron Geesin, nonostante la casa discografica lo consideri il solito musicista hippy, deviato, inaffidabile e per giunta giovane.

Punto a suo sfavore è anche il fatto che i Pink Floyd, giovani come lui, hanno una libertà artistica senza precedenti in quegli anni.

Scrittura e composizione sono montagne russe ma la comitiva arriva in fondo alla strada registrando il brano nel giugno 1970. John Aldiss aveva preso il posto di un distrutto Geesin nelle ultime settimane.

Per il costo elevato dei macchinari di registrazione, Mason e Waters devono suonare batteria e basso in un’unica sessione, senza interruzioni.

Gilmour, Wright e Geesin uniscono le loro parti in un secondo momento.

Il risultato è un frutto squisito con la buccia dura in superficie. Togli la buccia e puoi godere del succo, a patto che il titolo venga cambiato.

The Amazing Pudding (il budino stupefacente) non andava bene.

Roger Waters trova il nome giusto sfogliando a caso la rivista Evening Standard, incoraggiato da Geesin a trovare un titolo migliore.

L’attenzione di Roger si ferma sulla storia di Constance Ladell, una donna di 56 anni incinta a cui avevano installato un pacemaker radioattivo al plutonio. Il titolo dell’articolo è “Atom Heart Mother Named”.

Una mamma dal cuore atomico.

Roger in cuor suo aveva già deciso. Gli altri risero. Gli chiesero perché quel nome. Lui rispose perché no.

Cosa aveva a che fare con la musica? Niente di niente. Forse la “mamma” sono proprio i Pink Floyd. Ma è un mio pensiero.

Solo Nick Mason dirà che il brano è collegato al simbolo della “Madre Terra” (Mother Earth) con l’assonanza tra heart e earth.

La “madre dal cuore atomico” sarebbe dunque la Terra. Con il suo nucleo come cuore, caldo, pericoloso e potenzialmente devastante.

Difficile interpretarlo. Tutto difficile per questo brano a parte scalare le classifiche.

L’album esce a ottobre 1970 e raggiunge la vetta della classifica UK. Le critiche sono buonissime. Metà del merito va alla suite Atom Heart Mother, che occupa giustamente tutto il lato A del vinile.

Casuale, sperimentale, un ascensore di emozioni e il primo ambizioso esempio di convivenza tra rock e musica classica.

Stanley Kubrick chiederà ai Pink Floyd il permesso di utilizzare Atom Heart Mother in Arancia Meccanica, il regista aveva trovato una musica perfetta per le sue visioni. La visione dell’iperrealtà.

I Pink Floyd dicono di no.

Kubrick inserirà comunque il vinile di Atom Heart Mother, con la mucca, nel negozio di dischi.

E il mio cervello non mancò di farmi notare che anche Kubrick c’entrava. Dall’inizio.

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