Durante la meravigliosa estate del 1999 ho imparato l’inglese.
Non dico che in tre mesi lo parlavo (per quello non sarebbero bastate le medie iniziate l’anno prima) ma imparavo a sentirlo, a prenderci confidenza e a orecchiarlo, se esiste il termine.
Mi sono innamorato dell’inglese ascoltando e cantando Californication, l’album dei Red Hot Chili Peppers uscito nel giugno 1999, sul finire della scuola.
Ricordo quella splendida, straordinaria estate con affetto, molta nostalgia e un briciolo di tristezza.
È l’estate che musicalmente ho dentro come se fosse finita oggi. É particolare perché nel 1998 c’erano già album di rilievo e nel 2000 la musica non era ancora evaporata (come ora).
Però il 1999 è il 1999.
Magari concordi con me. Mi piace pensare che sia così.
Ricordo tantissimi ghiaccioli (a volte anche cinque al giorno), angurie e lunghe sessioni davanti alla PlayStation; tra un giro in bici e una puntata di Beavis & Butt-Head, il tempo libero era talmente tanto che se non ti mettevi davanti alla tv o vicino a uno stereo ad ascoltare musica voleva dire una sola cosa: stavi facendo troppi compiti.
O no?
Davanti alla tv era la buona cara vecchia MTV (R.I.P.) a passare canzoni su canzoni nei caldi pomeriggi di luglio e agosto. Era un loop, una rotazione musicale che non potevi dimenticare.
Mi ricordo, come fossero due minuti fa, di Californication e il primo singolo: Scar Tissue.
Californication
Ieri, oggi, domani, sempre e per sempre: Californication = Fine scuola = Figata.
A casa ho ancora il cd acquistato in un negozio vicino a casa.
Scar Tissue è stato il primo singolo a passare in tv e in radio (la radio però è roba da grandi, un oggetto un po’ misterioso per un dodicenne dunque io ricordo solo la tv), poco prima dell’inizio dell’estate.
Mi ha sempre fatto pensare alla libertà, alla voglia di prendere un qualsiasi mezzo di trasporto e partire.
E succede anche ora. Dove sono i biglietti? Dove si va? Quando si parte?
Scar Tissue andava via che era un piacere nei giorni davanti alla tv e quando John Frusciante partiva con il suo dolce riff iniziale io ero incollato allo schermo. “Stai troppo vicino”, diceva mia mamma. Cazzate. Non abbastanza vicino da far compagnia a Frusciante sul bagagliaio di quella Pontiac.
Vedevo, toccavo la libertà grazie a quattro ragazzi in macchina in mezzo al nulla.
E le cose che mi fanno ancora sorridere sono molte: Flea che sputa in aria per lavarsi la faccia, John che suona una chitarra piegata, Anthony che credevo fosse biondo naturale. Le espressioni di Flea e la serenità di quelle immagini grazie alla melodia della musica.
Dopo pochi mesi esce Around The World e allora mi son detto che lo facevano apposta: un altro pezzo che mi piace e un’altra canzone che parla di girare il mondo, il tutto a pochi giorni dalla ripresa delle ostilità.
Tra l’altro il titolo mi ricordava (vagamente) l’omonima canzone dei Daft Punk, due anni prima.
Around The World mi trasmetteva felicità e come canzone bastonava.
Erano Red Hot dirompenti, tra basso, batteria, chitarra e voce che diventavano un unico suono che per me sembrava urlare: “ma la scuola deve per forza ricominciare?!”
“I know I know for sure
Ding dang dong dong ding dang dong dong ding dang”
Quanta profondità.
La voce di Anthony mi scaldava il cuore e mi divertivo a vederlo modellare le forme e “giocare” con l’invisibile ragazza distesa sotto di lui.
Non sapevo ancora che gruppo fossero i Red Hot e, siccome non avevo ancora uno stereo, non vedevo l’ora che MTV lo passasse di nuovo per farmi un altro giro.
Due su due, bellissimo, bellissimo, però il cd l’ho comprato mesi dopo (con il primo stereo) quando ho sentito Otherside, uscita a pochi giorni dal mio compleanno. Facciamo ciao all’estate 1999 con la manina.
“How long, how long will I slide?
Separate my side, I don’t
I don’t believe it’s bad
Slit my throat it’s all I ever”
Senza testi non avevo la minima idea di cosa volesse dire ma la musica ancora una volta mi portava via.
Tranquilla ma anche cupa e un po’ triste, Otherside è un crescendo fino allo splendido finale tra assoli e backvocals.
Porto a casa lo stereo e Californication in cd. Soldi di mamma. Soldi ben spesi. Era un trofeo.
Era il mio quarto cd. I primi tre, me li avevano regalati: Queen Greatest Hits I, Nevermind e Thriller. Mica bazzecole.
Li ascoltavo nel vecchio lettore cd della mia figura genitoriale femminile.
Non avevo ancora oltrepassato la soglia di casa e metto su Californication sul mio stereo nuovo di zecca per spararmi le canzoni che già conoscevo. Scar Tissue-Around The World-Otherside. 1-3-4, 3-4-1, 1-4-3, 1-3-3-4-1-1-3. Le combinazioni erano infinite.
E mentre mamma provava a spiegarmi che al mondo c’erano anche altri cantanti, da Gianni Togni ai Pooh e i Nomadi, io mi spingevo oltre la traccia n.4 (Otherside) e la n.5 (Get On Top).
Scoprivo la n.6, la canzone che dava il nome all’album: Californication.
La melodia era ancora più bella, meglio di Scar Tissue, di Otherside e di tutte e tre messe assieme. In quel momento, meglio di tutto.
E con il libretto dei testi in mano, ho imparato a memoria ogni singola parola.
Ricordo di aver pensato a quando sarebbe arrivato il momento di guardare il video di Californication su MTV. La produzione me lo doveva, a me e a tutti i poveri ragazzini che muovevano i primi passi nella musica.
Per quel video abbiamo dovuto aspettare un anno esatto, quasi. Ti ricordi?
Quell’entusiasmante, originale e strafigo video fatto come un videogame in stile GTA, è uscito all’inizio dell’estate 2000. Bello aver aspettato. Era il piacere di aspettare qualcosa, di desiderarlo.
Comunque i Red Hot non erano soli in quell’estate 1999. C’erano anche i Cranberries e la loro Promises.
Promises (Bury The Hatchet) – Cranberries
Nell’estate del 1999 c’erano canzoni a iosa ma non tutte uscivano in estate; durante i mesi estivi continuavamo a sentirle sullo slancio del successo dei mesi prima.
Promises era uscita in primavera. Video geniale, mi ha subito stregato, insieme alla canzone. Manco a dirlo che non conoscevo nemmeno loro ma avrei comprato anche quel cd, mezzo secolo dopo.
Lo scenario desolato di un far west con la spettrale atmosfera di corvi, balle di fieno e vento di sabbia. Tutto perfetto per un bambino amante dei film horror.
Ricordo che la prima volta ero attratto da quel meraviglioso inizio di chitarra e “oooh” di Dolores O’Riordan.
E nel videoclip avevano il brutto vizio di “tagliare”, mannaggia a voi, l’inizio, per guadagnare un po’ di secondi dove sicuramente avrebbero fatto vedere una pubblicità o Welcome To Ibiza dei Vengaboys.
Ci fosse stata una videocamera davanti alla tv durante il video di Promises, io sarei stato a bocca aperta a non capire una mazza ma sapendo che “ci sta” ed era fantastico.
Lo sceriffo e il cowboy vestito di bianco, che facevano a gara su chi aveva meno coraggio, mi erano simpatici e mi facevano anche un po’ pena.
Ma la cosa spaziale era la spaventapasseri nera che arriva a liberare quella palla infuocata rinchiusa nella prigione dello sceriffo. Nella mia mente di dodicenne era un wowowowow ci sta!
Vivevi il video aspettando il momento in cui lo sceriffo usciva, vestito e impacchettato e pompato dai suoi aiutanti, per affrontare il fantasma. Una mezzanotte di fuoco, e quando lo sceriffo sparava e la creatura prendeva il proiettile tra i denti ogni volta era un “Ooooh è il momento!”.
Non ho mai girato canale quando passavano il video di Promises, mai, e non ho mai cambiato stazione se la beccavo in radio, in momenti molto lontani dall’estate 1999.
Discomusic, La Visione (Craccracriccrec) – Elio e Le Storie Tese
Elio e Le Storie Tese invece li conoscevo già. Un mio amico mi aveva fatto ascoltare “Peerla”, poco prima.
La raccolta era veramente un insieme di perle: Ti Amo Campionato, Ameri, Help Me, Urna e In Te cantata da un irrefrenabile Mangoni.
C’è anche Mangoni nel video di Discomusic: appare con la torta di compleanno del piccolo Zorro.
Raramente facevano vedere il video extended di Discomusic, purtroppo. Si parte da un treno della metro di Berlino, silenzioso a parte i pensieri che passano nella testa degli Elii.
Rocco Tanica spera di essere accettato in Germania da immigrato; Faso si mangia le unghie mentre pensa al piacere di essere in metro; i difetti di pronuncia di Cesareo e infine Elio, che vuole essere come Zorrozorrozorrozorrozorro.
Il ballerino discomusic anni 70 passa nel vagone e sente i loro pensieri. Con la tipica mossa di John Travolta in Saturday Night Fever, trasforma tutti in Zorro tranne Christian Meyer che ha una scopa infilata nel culo. Il video è il tributo a un’epoca (gli anni 70), in perfetto stile Elio e Le Storie Tese, che per loro vuol dire infanzia.
Oltre a Discomusic c’era anche La Visione. Il trionfo del subliminale.
Anni dopo, in altri contesti e in altre occasioni, mi sarei ricordato di questa canzone.
Nel 1999, però, era da cantare senza capirne il senso, perché senso non ne aveva oppure ne aveva molti, doppi sensi magari.
Sì, ecco.
Il video era ancora una sequenza di perle e a me restava il nonsense di quello che vedevo, dalla candela alla P di parcheggio, da Elio oculista che cerca di far leggere le lettere P H I g a alla ragazza per poi mandarla a fanculo quando non ci arriva, alla stessa ragazza con una sega in mano.
Oppure Faso che accende la candela, vede Mandela, si spaventa, la spegne, ride, la riaccende, rivede Mandela, si spaventa e la spegne mettendosi le mani davanti agli occhi. Impagabile.
Flat Beat – Mr Oizo
Che dire poi di Flat Beat? Forse IL video.
A parte la canzone che mi è sempre piaciuta, ho riso fortissimo la prima volta che ho visto quel pupazzo dietro la scrivania.
Era facile beccarlo: lo passavano una settantina di volte al giorno.
Da vecchio fan dei Muppets, ogni volta che vedevo la faccia del pupazzo giallo Flat Eric (notare il nome sui documenti che la segretaria gli porta), con due bottoni scuri come occhi, era un sorriso assicurato. Tutt’ora è così.
Faceva ridere, il video era originale, la musica anche, e il fatto che il pupazzo si atteggiasse da Rockfeller su una massiccia scrivania di legno lo rendeva ancora più comico.
Già allora intuivo che il senso era dare una visione più simpatica di chi ha potere e soldi. Forse anche prenderli in giro, loro e la loro altezzosità. Ora, vent’anni dopo, ne sono più che convinto.
La mia mente giovanissima metteva comunque in primo piano altre cose che lo rendevano unico.
Farsi aria in viso con un phon per capelli, firmare carte con scarabocchi sempre diversi, rifiutare un documento con una bella X grande storta.
Ah sì, naturalmente anch’io, come lui, facevo finta di fumare wurstel come fossero sigari.
E la voce del pupazzo era un suono incomprensibile, distorto e divertentissimo, come a inizio video prima di mettere giù il telefono: una specie di “waaao” esilarante.
Il video andava a tempo con la musica e il pupazzo si trovava intrappolato all’interno di quel “battito uniforme” (Flat Beat) sempre uguale. La testa gli andava su e giù regolarmente, sempre più veloce all’aumentare dei battiti, e non riusciva a posare la cornetta del telefono. Riderissimo.
Il pupazzo mi era ancora più simpatico (l’avrei capito molto dopo) perché faceva partire la musica mettendo un giradischi.
Coffe & TV – Blur
Un altro video on fire in quel periodo era Coffe And TV dei Blur.
Le avventure del cartone di latte che parte alla ricerca del chitarrista della band Graham Coxon, è uno dei più particolari e simpatici.
Credevo che il cartone (che poi ho scoperto chiamarsi Milky) non potesse parlare con le persone, nel video però si mette a far domande alla gente per ritrovare Coxon, che non era scomparso nel nulla ma stava solo provando con la sua band.
Ogni volta mi dispiaceva che l’amichetta di Milky fosse pestata e che Graham bevesse il latte prima di entrare in casa dai suoi genitori.
Nell’ultima scena si vede comunque un Milky sereno, che ha riportato a casa Coxon, e diventa un angelo. Il finale rendeva la storia più dolce ed ero contento di questo.
Hey Boy Hey Girl – The Chemical Brothers
Penso agli scheletri e penso a Hey Boy Hey Girl: un caso?
Poi penso: non è che magari una volta sapevano farli, i video?
Il video di Hey Boy Hey Girl era non poco inquietante. Iniziava in un autobus di ragazzini. Appena iniziava la musica, le sensazioni che avevo in testa erano: urgenza, presto, far presto, andarsene, via, ritmo accelerato, sta per succedere qualcosa.
Il bimbo biondo che sputa sul libro di medicina o anatomia che la bambina sta sfogliando, avrà avuto sì e no la mia età.
Non avevo niente da ridire sul suo sguardo e il suo sorrisetto da sbeffeggio, lo scherzone mi sembrava comprensibile. Del resto sapevo che gli piaceva la bambina. Le andava dietro, si diceva.
Bambina che va a visitare un museo dove ci sono scheletri di dinosauri (e altri scheletri umani appesi al soffitto, ma in quel momento mi sembrava del tutto accettabile pure quello) per ritrovarsi di nuovo il pargolo biondo con un teschio che esce dal cappuccio del giubbotto.
(Le andava proprio dietro! É confermato!)
Simpatico. Tre anni dopo e si sarebbe trovato per terra.
Lei rincorre lui, lei scivola e si fa male. Diagnosi? Frattura a una mano, ovviamente.
Spazzolandosi i denti in un bagno scurissimo (ricordo di aver pensato: ma possibile avere un bagno così buio?) la bimba vede il suo scheletro riflesso allo specchio.
Subito dopo lei è grande, sempre giovane e pure bella, davanti allo specchio di una discoteca. Ormai vede tutte le persone come scheletri.
Apre la porta di un bagno e vede gli scheletri di un ragazzo e una ragazza scopare sopra il gabinetto. Io dodicenne dicevo boh. Mah. Chi lo sa.
Un ragazzo le parla e lei lo prende per l’osso della mandibola, lasciandolo un po’ male povero cucciolo. Prima di partire in taxi ha pure il tempo di vedere i Chemical Brothers.
Una cosa che avevo capito subito (e forse è il significato del video di Hey Boy Hey Girl) era che, da scheletri, le persone erano tutte identiche tra loro.
E riuscivi a guardarle nel profondo.
Altri Canzoni, Altri Video dell’Estate 1999
Ci sarebbe ancora una tonnellata di canzoni e video di quella magica estate del 1999, elencarle tutte è impossibile.
Altre che mi vengono in mente subito.
- Right Here Right Now: l’evoluzione made by Fatboy Slim da piccolo microrganismo unicellulare a grossissimo omone pluricellulare. Video anche significativo se ci pensi: man mano che l’evoluzione fa pogressi, siamo costretti a correre sempre più forte.
- What’s My Age Again dei Blink 182. Ricordo che, in quel momento, andare in tv nudi, nonostante le censure e le chitarre a nascondere i gioielli, era considerato una provocazione, un affronto, per certa gente anche un’offesa. Ricordo che se ne parlava. Adesso ci limiteremmo a un “tutto qui?”.
- In Ogni Atomo dei Negrita e il bel video nel labirinto di siepi.
- Un concerto del 1999 di Fabrizio De Andrè di quell’anno. Dolcenera su tutte. Ancora non conoscevo De Andrè, era ancora una musica di livello troppo alto per me. Avrei imparato a sentirne la mancanza. Di Dolcenera ricordo bene il ritmo avvolgente e la sua voce. Ciao, Fabrizio.
E poi Maria di Blondie, Livin’ La Vida Loca di Ricky Martin e, purtroppo, Alla Consolle di uno che credevo si chiamasse Mimmammerelli (ogni volta ascoltata per sbaglio), Every Morning di Sugar Ray e Mambo N. 5 di Lou Bega che sentivo anche nel sonno.
I Backstreet Boys con varie cose, Jennifer Lopez con If You Had My Love, Smooth di Santana e Rob Thomas.
Una Vita Da Mediano di Ligabue, anticipo di Miss Mondo che ci farà compagnia fino al 2001.
E moltissime altre, che ora sto dimenticando.
Nel frattempo, come sempre in estate, anche le cicale ci facevano compagnia, ma a differenza di altre volte sono sicuro che non cantassero cose a noi incomprensibili: stavano intonando le canzoni più belle dell’estate 1999.
Fantastico, tu avevi 12 anni ed io 21 ma abbiamo vissuto la stessa fottutissima quanto grande estate. RHCP in primis.