Se con la copertina di IV brancolavamo nel buio, ora iniziamo con le certezze: Headley Grange è una casa. Fortunati noi.
È un’abitazione rurale, tipicamente inglese. Nata nel 1795, fu usata dal governo per ospitare poveri e orfani e diventò casa privata nel 1870. Anche oggi lo è.
Negli anni d’oro del rock fu alloggio di gruppi e artisti per la composizione e registrazione di album musicali. Nessuno chiedeva il permesso, a Hedley Grange: c’è chi entrava, chi usciva e chi rientrava tempo dopo.
Dal canto suo, la casa non ci mise molto a entrare nella storia. E quando ritenne di essere soddisfatta, si ritirò nelle sue stanze (private). Insomma Headley Grange è fascino. Fascino oscuro.
È molto grande e sembra incombere su ogni visitatore. Le finestre sul tetto sono occhi che guardano chi arriva. Ne ha visti arrivare tanti, Headley Grange: Led Zeppelin, Genesis, Fleetwood Mac, Peter Frampton, Bad Company e il cielo sa chi altro.
Questa casa ispirava. Aveva tante stanze, era immersa nella vegetazione che ne rivendicava l’appartenenza, era un posto tranquillo, ideale per scrivere e comporre.
A Headley Grange, i Led Zeppelin scrissero gran parte dell’album senza titolo che conosciamo come Led Zeppelin IV, ZoSo, e altri titoli tutti errati se prima non si conosce la storia della sua cover.
Per il loro quarto album, gli Zeppelin cercavano un posto isolato, dove vivere la musica a trecentosessantaccaventiquattro, giorno e notte, minuto per minuto. Un posto “vivo”. Quella casa era un luogo vivo, perché a detta di tutti aveva l’abitudine a perdere pezzi qua e là, producendo una serie di strani rumori per la scarsa manutenzione.
Rumori riprodotti, al posto degli strumenti musicali, anche di notte, o quando le persone dormivano, a rendere tutto se non inquietante almeno un po’ da cardiopalma.
Jimmy Page la definì spettrale e umida. Il chitarrista dormiva in una delle stanze più in alto (in una di quelle finestre-occhi forse) e ricorda che le lenzuola del suo letto erano perennemente umidicce.
Page vede in Headley Grange un luogo che gli ricorda page e calma: Bron-Yr-Aur, l’affascinante cottage in cui lui e Plant avevano vissuto un anno prima per comporre Led Zeppelin III .
La deliziosa casetta dispersa nel nulla, senza luce e acqua, aveva ispirato la versione acustica del dirigibile (per tanti una frenata rispetto alle accelerazioni in derapata e fuori giri di I e II), oltre ad altre canzoni (la primissima stesura di Stairway To Heaven) e l’omonima Bron-Yr-Aur.
Nel 1970 il chitarrista, duettando con il fedele John Paul Jones, rese omaggio alla casetta di Bron-Yr-Aur con uno splendido pezzo acustico.
Il brano sarà pubblicato solo nel 1975, con Physical Graffiti, composto ancora una volta a Headley Grange.
Anche Robert Plant si lasciò prendere da un giorno di straordinaria ispirazione e ci regalò uno dei testi più celebri della storia del rock: Stairway To Heaven. Ci mise un solo giorno a rendersi conto che ciò che aveva scritto su una scala verso il paradiso, magia e tante altre cose era troppo dannatamente perfetto per essere modificato.
John Bonham, che cercava sempre di rendere più rumorosa il suo strumento, registrò la sua parte di When The Levee Breaks mettendo la batteria in cima alla grande scalinata della sala. I microfoni furono calati dall’alto. Il risultato è un’onda anomala di suono dirompente e selvaggia, liberata dallo spazio aperto sopra le scale.
La casa fu musa ispiratrice per gli album registrati e composti al suo interno, ma si pensa che lì dentro succedessero cose strane.
Page pensava che fosse infestata. Raccontò che una sera, salendo la scalinata, vide un enorme ombra grigia. Controllò che fosse un gioco di luce, ma non c’era ombra di gioco lì e comunque lui non ne era divertito, così tornò subito indietro.
Page, appassionato di esoterismo, era l’unico ad “andare d’accordo” con Headley Grange. Sapeva del passato oscuro di quell’abitazione e non era sorpreso di trovarci spiriti. Lui peraltro acquisterà Boleshkine House, una casa (stavolta sì, con certezza…) più sbagliata che altro, e anche lì compose qualcosa per l’album senza titolo.
Soprattutto Robert e Bonham erano spaventati da Headley Grange. John Paul Jones era troppo tranquillo e razionale per lasciarsi condizionare.
Black Dog fu scritta dopo che un labrador retreiver nero continuava a gironzolare nei pressi della casa e andava a trovare il gruppo. Nessuno capiva da dove arrivasse il cane, non essendoci abitazioni vicine. Il cane andava, veniva, perché, del resto, era Headley Grange e tutti lo facevano.
Cose strane? Suggestione, forse. Forse di strano c’era solo l’atmosfera della casa.
Forse.
Ad ogni modo, mai il livello di strano di Boleskhine House, la culla di Aleister Crowley prima e Page dopo. Quelli erano brividi.
Gli Zeppelin scelsero Headley Grange anche perché nessun altro si era lamentato o parlato di cose oscure.
I Genesis non potranno dire la stessa cosa dopo la sosta dei Led Zeppelin per scrivere Houses Of The Holy nel 1973.
Peter Gabriel e compagni vissero a Headley Grange per tre mesi nel 1974, per trovare ispirazione e permettere al loro genio di plasmare la loro opera più complessa: The Lamb Lies Down On Broadway.
Il gruppo trovò la casa in condizioni peggiori di come l’aveva descritta Page.
L’ultimo passaggio degli Zeppelin somigliava a quello di Attila e gli unni. C’erano escrementi per terra e i topi avevano finalmente dichiarato la casa come loro dimora con tanto di inaugurazione e taglio del nastro.
Steve Hackett, durante le registrazioni di The Lamb, trovava difficile dormire. I rumori. Headley Grange era tutta un rumore. Vento, difetti della casa, qualche animale. Speravano fosse così. I rumori c’erano, restava sempre il dubbio di cosa diavolo fosse. Restare lì era inquietante, strano. Phil Collins si chiese: “É proprio necessario restare qui?” Domanda sacrosanta.
Headley Grange comunque ripagò anche i Genesis con la punta di diamante della loro discografia, almeno per profondità e complessità.
Oggi la casa è un posto di culto per gli amanti della musica ma soprattutto per i batteristi, grazie alla trovata di Bonham durante le registrazioni di IV. Più di 40 anni dopo, Chad Smith, batterista dei Red Hot Chili Peppers, baciò il pavimento della hall in segno di devozione e disse che suonare la batteria dove Bonzo suonò la sua andava al di là dei suoi sogni.
Anche Roger Taylor, batterista dei Queen, confessò che quella casa trasformava il suono di batteria in un tuono potentissimo.
Il potentissimo amore di Headley Grange per il rock.
Scrivi un commento