La statistica dice che non è possibile non riconoscere la foto scattata l’8 agosto 1969 a Londra da Iain McGillian. A meno di non averla mai vista prima…
Alle 11.30 di mattina dell’8 agosto 1969 i Beatles attraversano disinvolti le strisce pedonali di Abbey Road, north west London, tra Camden e Westminster, sotto un sole così limpido da essere quasi sfacciato e davanti all’obiettivo di Iain McMillan, autore della loro ultima, vera copertina.
Quel giorno, negli EMI Studios (che diventeranno gli Abbey Road Studios tra poche settimane) i quattro stanno ritoccando la traccia Ending, che poi diventerà The End, che poi è la penultima canzone del loro penultimo album. L’ultimo in studio.
E loro sanno che è l’ultimo, come sono consapevoli che questa è una delle ultime volte che attraversano Abbey Road insieme.
L’idea per la cover è mettere in atto il piano B. Il piano A non era in effetti una passeggiata.
O meglio, sì, era una passeggiata, ma sul monte Everest, perché Everest doveva essere il titolo dell’album (omaggio alla marca di sigarette preferita da Geoff Emerick, fonico dei Beatles) e il servizio fotografico s’aveva da fare sulla montagna più alta del mondo.
Con tutto il rispetto per la passione smodata dei Beatles per l’Asia, anche no, grazie.
La band si riunisce sul marciapiede per lo scatto di Abbey Road, in una Londra centro del mondo musicale che le aveva viste proprio tutte ma ancora non aveva visto la polizia bloccare una strada solo per permettere di scattare alcune foto.
Eppure, è quello che sta succedendo.
La polizia blocca l’accesso ad Abbey Road, concedendo al gruppo pochi minuti per camminare avanti e indietro da un lato all’altro della via.
Sei foto, questo è il succo di quel giorno.
Tra alcuni scatti pessimi, fuori sincronia o sbilanciati, e altri che semplicemente “non funzionano”, ce n’è anche uno buono, così buono che più lo guardi più ti convince, e più ha la forza di convincerti più sai che diventerà la copertina ufficiale di Abbey Road.
E sai già che farà parlare di sé.
L’Inizio in Fila Indiana
La fila indiana si compone di John Lennon, Ringo Starr, Paul McCartney e George Harrison, questi i loro nomi, anche se dovremmo parlare di quel terzo nome, ragazzi, dovremmo parlarne perché da adesso tutto il mondo della musica partirà dalla copertina di Abbey Road per andare dall’altra parte, un luogo di cui non ci è concesso sapere nulla e dove niente è come sembra.
Il cuore della leggenda P.I.D.
Il primo tassello dell’effetto domino sulla presunta morte di Paul McCartney inizia proprio da questa copertina.
Il Simbolismo di Abbey Road
Noi vediamo tutto dagli occhiali appannati del 2020, ma la teoria sulla morte di McCartney inizia a germogliare il 12 ottobre 1969 via radio, quando Abbey Road ha solo poche settimane di vita.
Un gruppo di studenti universitari negli Stati Uniti sparge la voce che, a guardarla bene, la copertina di Abbey Road nasconde molte cose poco chiare. Certe possono essere collegate alla copertina di Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band e tutto può essere combinato e sovrapposto a reali incidenti al bassista e ad altri particolari. Messaggi subliminali. Segreti. Indizi nascosti.
Tutto sembra essere utile per provare una morte e niente è importante nell’album, neanche canzoni come Here Comes The Sun, I Want You (She’s So Heavy) e Come Together. Anzi, quest’ultima sarà testimone in favore dell’accusa perché un verso recita “One and one and one is three. Got to be good-lookin’ ‘cause he’s so hard to see”.
Verso oscuro, criptico come una voce che ti dice di non preoccuparti mentre sei nel bosco da solo, di notte.
La voce passa di campus in campus. Da un brusio sommesso diventa un chiacchiericcio costante e nel giro di pochi mesi ne parlano tutti.
Il primo messaggio subliminale di Abbey Road è la disposizione dei Beatles mentre attraversano la strada, per molti una marcia funebre.
Di ritorno dal funerale di Paul, il passaggio pedonale sarebbe simbolo del “passaggio” da una dimensione concreta (la vita) all’altra (quello che c’è dopo, qualunque cosa sia, anche il nulla), come il termine inglese “passed away” suggerisce quando muore una persona cara.
Non a caso la band sta camminando dagli studi discografici, simbolo della concretezza della loro vita in quella decade, all’ignoto dell’altro lato.
John Lennon, di bianco vestito, è il prete. Ringo Starr, in completo nero, è l’impresario delle pompe funebri. Chiude le fila George Harrison, l’unico in abiti sportivi denim perché deve essere comodo per scavare la tomba.
La terza persona, centrale perché protetto dai compagni, è proprio McCartney. O forse è il suo sosia, la persona che nel 1966 aveva rimpiazzato il vero Paul scomparso in un incidente stradale.
Come su Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band, McCartney fa sempre qualcosa di leggermente stonato rispetto agli altri.
Nell’immagine di Sgt Pepper’s gli esempi si sprecano; su Abbey Road, Paul è l’unico a sollevare la gamba destra e non la sinistra.
É l’unico con un oggetto in mano (Sigaretta? Precisamente), con la destra anziché con la sinistra, come avrebbe dovuto naturalmente fare visto che era mancino. Perché, un mancino non può tenere la cicca con la mano destra? Sembra di no.
E’ anche l’unico scalzo dei quattro, ma John Kosh e lo stesso McCartney, il vero McCartney, anni dopo diranno che quel giorno era caldo e il bassista non aveva scarpe, ma sandali. Li ha tolti per scherzo, come era solito fare durante le prove.
Le auto, nello sfondo soleggiato di Abbey Road.
Un maggiolino bianco con la targa LMW 28IF conterrebbe la sua età se fosse ancora vivo “28 IF”, nonostante McCartney avrebbe avuto 27 anni nel 1969 e non 28. Tuttavia, dal momento che diverse dottrine asiatiche calcolano l’età di una persona non dalla nascita ma dal momento del concepimento, questo particolare sembra reggere.
E il resto della targa?
LMW sarebbe l’acronimo di “Lie ’Mongst the Wadding”, poemetto di Stephen Crane, scrittore e poeta americano morto a 28 anni, difficilissimo da vedere nella copertina di Sgt Pepper’s, seminascosto dietro la testa di Paul McCartney. Ovviamente.
Dall’altra parte della strada, un’auto nera della polizia, simbolo dei soccorsi per gli incidenti stradali in Inghilterra e, in lontananza, l’unica macchina in movimento su Abbey Road è proprio in linea con McCartney.
E ora giriamo la copertina.
Il dietro, e via dalla porta di servizio…
La scritta sulla back cover non si trova in Abbey Road, ma all’incrocio con Alexandra Road, vicino alla South Hampstead Station.
Vicino alla B di Beatles, otto cerchi formerebbero vagamente il numero 3, come il vero numero dei Beatles, un numero che era quasi ossessivo in Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band. Dall’altra parte della scritta (come ai due lati di Abbey Road), vicino alla S, il gioco di luce e ombra disegna la forma di un teschio.
C’è poi da risolvere il mistero della fanciulla dall’abito blu.
Nessuno ha mai capito chi fosse, ma i sostenitori della tesi pensano sia Rita, la ragazza che si trovava in auto con Paul la mattina dell’incidente stradale che gli costò la vita.
Ma il simbolo più interessante di tutti, nel retro di questa copertina, è la crepa che passa da parte a parte la scritta Beatles, proprio vicino alla S.
Un segno netto questa volta, un messaggio subliminale involontario e ironico, come se tagliasse in due il nome di un gruppo e una storia durata undici anni e destinata a finire presto.
É un presagio significativo della rottura dei Beatles dopo pochi mesi da Abbey Road, e sarà proprio Paul McCartney, quello vero, a dare forse l’unico significato possibile di questa copertina.
“It was intended to show the Beatles walking away from the studio where they had spent so much time for the better part of the decade.”
Il gruppo attraversa la strada mentre se ne va dallo studio di registrazione dove hanno registrato tutta la loro musica. Il luogo in cui hanno trascorso più tempo nell’ultima decade. Il gruppo saluta tutti e se ne va. Il significato di Abbey Road è calare il sipario, finire un capitolo, chiudere un libro senza mettere il segnalibro, terminare una carriera. Il loro gesto dice tutto, e loro che volevano una foto semplice e quasi casuale, disinvolta per non lasciar presagire nulla, loro sapevano ovviamente. I Beatles sapevano di chiudere in bellezza con Abbey Road. Dieci anni mostruosi, un tempo così breve per fare così tante cose che nessun paragone è mai del tutto azzeccato.
L’8 agosto 1969 questo allontanamento da Abbey Road potrebbe essere solo una prova. L’ultima sessione negli Studios insieme è datata 20 agosto 1969, dodici giorni dopo. Cammineranno avanti e indietro per quella strada ancora qualche giorno, come tanti altri artisti dopo di loro.
Mentre tutti cercavano indizi e teorie su una morte inspiegabile, la traccia più visibile era proprio davanti a tutti.
La loro imminente separazione. O meglio sarebbe parlare di scissione, la divisione della struttura di un gruppo unitario. Quali erano i Beatles l’8 agosto del ’69.
Poi aggiungici la traccia The End a cui stanno lavorando quel giorno.
The End.
Grazie.
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