Michael Jackson indossa l’abito bianco, per una copertina, da semplice personaggio famoso. Ma state attenti, questo è il 1982, anno di Thriller, e tra poco Michael non sarà più un semplice personaggio famoso.
La data da segnare nel calendario
Nel calendario della musica c’è una data, tra le altre, evidenziata in rosso.

Un salto temporale carpiato in tre soli anni, un binario parallelo tra due decenni.
In questo piccolo spazio di tempo, ci sono i due album più venduti delle due decadi. Con il loro undicesimo album, proprio nei minuti di recupero, i Pink Floyd mettono in bacheca il disco più venduto degli anni ‘70.
É divertente immaginare che i Floyd ebbero la geniale intuizione di non aspettare il nuovo decennio per far uscire The Wall, in cantiere da tanto tempo, consapevoli che con un mese di ritardo sarebbe arrivato secondo nelle classifiche di vendita degli anni ’80 ,dietro al ciclone Thriller, ovviamente, che fa il suo spaventoso ingresso esattamente tre anni dopo e spazza via ogni record.
Thriller, l’Album
Il sesto album di Michael Jackson coglierà tutti di sorpresa, come se fosse in agguato dietro un angolo, dominando le classifiche degli anni ’80 e diventando l’album più venduto di tutti i tempi con una facilità imbarazzante.
E anche se Thriller, negli USA, non è più l’album più venduto di tutti i tempi, è sul trono a livello mondiale, probabilmente ancora per molto tempo. Forse per sempre.
Ma il record di vendite di Thriller (circa 50 milioni di copie dopo tre anni da quel 30 novembre 1982) è il dettaglio più insignificante. E sai perché? Perché Thriller è un background musicale generazionale, non un semplice album.
Poco importa il dettaglio, sicuramente da mettere in conto, che tutti nel 1982, da Jackson a Quincy Jones, da MTV a ogni tipo di media, abbiano dato a quest’album una visibilità mostruosa in confronto a tanti altri dischi.
Resta lo stesso un album universale, che può arrivarti da ogni direzione e può arrivare a una persona di ogni generazione.
Ok, può lasciare indifferenti, può anche non piacere, e questo è normale perché stiamo parlando di musica e di gusti musicali, ma potenzialmente può entrare nell’anima di tutti. E se lo fa, ti smuove e ti fa muovere con la giusta combinazione per essere un album apprezzato dalla critica e venerato dal pubblico.
Pop, rock, dance, il ritmo, la presenza di Michael e la sua particolarissima voce; i balletti originali e i primi Moonwalk, i video migliori visti in circolazione e realizzati per sette singoli su nove (7/9 è pazzesco); ospiti importanti come Paul McCartney, amico ancora per poco, e i Toto all’apice della loro carriera.
Thriller è una sfera di cristallo su cui tutti vedono un grande successo ma che nessuno, assolutamente nessuno ne riesce a intuire le potenzialità.
È un’opera bellissima, sempre stupidamente oscurata dal giudizio sulla persona e da un’antipatia più o meno velata nei confronti della superstar.
E la copertina di Thriller è perfetta per una celebrità. In posa, occhi fissi sull’obiettivo, un elegante abito bianco e fazzoletto tigrato.
Gli occhi sono gli stessi che ti guardano dal pericoloso circo del 1991 e hanno la stessa capacità di rubarti lo sguardo.
L’abito bianco, però, non è di Michael Jackson.
La Copertina di Dick Zimmerman
Questa storia prende vita dal racconto di Dick Zimmerman, autore della copertina di Thriller, sul makin’ of della copertina per la rubrica Silent Giant’s, che puoi trovare integralmente su Spotify.
Il vestito non è di Michael.
Lui, Michael, non è ancora lui, perché prima di quel 30 novembre 1982 Jackson non ha la stessa immagine che tutti noi fanciulli nati negli anni ‘80 abbiamo in mente.
Se tu, che stai leggendo, sei della mia stessa generazione (o successive) forse puoi capirmi. E se sei nato prima, conservando ricordi di quel 1982, forse confermerai che Michael cambiò la definizione di superstar proprio con Thriller.
Una persona così famosa da farti provare soggezione, come se non fosse del tutto reale, anche se questa non è verità ma un mio personale, affettuoso pensiero su un artista che ho sempre ammirato. Ma c’era un tempo in cui Michael Jackson era “solo” un giovane artista, cantante e ballerino conosciuto ma non troppo famoso, e quel periodo è prima di Thriller.
Un livello di fama accettabile, alla pari di tanti altri cantanti e attori.
Per Dick Zimmerman infatti il lavoro con Michael Jackson per la cover di Thriller doveva essere un normale lavoro di routine. E in quel momento ne è sinceramente convinto.
Durante il servizio fotografico quel vestito bianco è solo il completo che Dick Zimmerman acquistò due anni prima in un negozio di Los Angeles. Oggi sarebbe uno dei tre vestiti bianchi più celebri nella musica (se ne escludiamo un paio di Elvis), se sapessimo chi ce l’ha e dove si trova.
Dick Zimmerman nel 1982 fotografa solo persone famose e quando collabora con Jackson, Michael è il cresciuto (e mai cresciuto) bambino prodigio dei Jackson5 e una promessa non ancora del tutto espressa.
Giusto il tempo di conoscere quel giovane ragazzo magrissimo, che parla a voce bassa e lentamente, dall’aspetto così fragile da sembrare di cristallo, prima che diventi una superstar blindata e inavvicinabile.
Michael e Dick diventano subito amici. E come tutte le cose più belle importanti succede tutto per caso.
E Dick stava quasi per lasciare la fotografia…
Sì, perché Zimmerman è soprattutto un pittore.
Manhattan all’anagrafe. Prima New York, poi Londra a fine anni ’60, e ancora America dal 1974, sponda ovest, a Los Angeles.
Dick studia arti visive a New York. Il suo primo soggetto è suo padre. A 27 anni dirige una delle maggiori riviste di arti grafiche della Grande Mela. Ben presto diventa un pittore conosciuto e molto richiesto.
Troppo richiesto, allora si trasferisce a Londra dove trova una sorta di Eldorado artistico, ben felice di essere nel mezzo del turbine di cambiamenti che avvolge non solo la musica di The Big Smoke, ma anche le arti visive.
Qui scopre, prova e sperimenta. Sperimentazione vuol dire fotografare le persone invece di farne un ritratto.
Dick impara a fotografare per ottenere illimitati riferimenti nella sua arte, tanti quanti le persone. Un numero infinito di soggetti e di possibili lavori. Acquisisce una grande esperienza e tecniche di fotografie innovative.
Londra accoglie Dick da pittore. Dick saluta Londra da fotografo e parte con un bel bagaglio con dentro esperienza e molte tecniche innovative.
Quando sbarca a Los Angeles, sempre più vicino a Michael Jackson, il lavoro gli piove addosso.
Diventa fotografo per copertine di riviste, dove le star si mettono in mostra. Jacqueline Smith, una delle Charlie’s Angels, è il primo soggetto di una lunga serie. E con la parola “star” la sua orbita si avvicina sempre più a quella di Michael Jackson.
Poco prima di conoscere Jackson, Dick sta pensando di ritornare a dipingere (cosa che farà pochi anni dopo Thriller) ma non ha fatto i conti con il destino.
Dick Zimmerman realizza centinaia di copertine musicali, dai Village People a Billy Idol, dai Pointer Sisters agli idoli country americani, finché un anno decide di iniziare a dipingere, abbandonando le copertine degli album, ma prima che potesse realmente farlo riceve una telefonata. La telefonata, anche se in quel momento non poteva saperlo.
È il manager di Michael Jackson. Gli comunica che, se vuole, il prossimo scatto sarebbe stato il viso di Jackson. Il manager poi dice la stessa cosa ad altri due o tre fotografi, e prende altrettanti appuntamenti tra Jackson e i professionisti selezionati. Semplice concorrenza.
Zimmerman accetta la proposta, da buon professionista, e la inserisce in scaletta come un’altra collaborazione con un cantante americano. Famoso, certo, chi non conosce Michael Jackson, ma è una routine, nessuno può intuire cosa sarebbe significato quell’album.
Michael Jackson è solo quando si presenta nello studio di Zimmerman, la prima volta.
Primo incontro
Jackson, prima di Thriller, poteva ancora andare a un appuntamento da solo.
Lui e Dick parlano per circa tre ore. Dei loro gusti e di cosa non apprezzano. Si trovano d’accordo su tante cose, scoprono di trovarsi simpatici.
Michael non ha nessun tipo di pretesa. Fa molte domande. Vuole capire come la pensa Dick, di ventun’anni più vecchio di lui, sulla nuova generazione a cui Michael appartiene, sull’arte, sulla vita.
Il motivo ufficiale del loro incontro, la copertina di Thriller, è la cosa meno importante.
Vuole capire chi è, con che persona avrebbe lavorato. Il risultato e il successo della copertina di Thriller, per Michael, sarà solo una conseguenza della loro sintonia.
Il giorno dello scatto
Il secondo incontro di Zimmerman avviene negli studi di registrazione durante le prove di Thriller e consiste nel far vedere il catalogo a Quincy Jones, il molto-più-di-produttore di Michael Jackson.
Dick lascia gli studi senza conferme su cosa-come-quando, ma va bene così, le celebrità ti scelgono e ti mollano, e Dick in confronto è un comune mortale. E poi si tratta solo di una fotografia in più. Ci saranno tanti altri album importanti.
La conferma che lavorerà con Jackson gli arriva qualche giorno più tardi. Dick e Michael evitano le imposizioni della Sony sulla copertina e decide che Thriller sarà un gioco d’improvvisazione e libertà.
Michael arriva con una persona che resta sempre vicino al fotografo per scattare a sua volta tutte le foto. Il motivo è semplice. Michael, professionista incredibile e perfezionista, vuole portarsi a casa tutte le immagini. Questo anche se Dick le avesse cancellate perché ritenute non adatte.
Come ogni servizio fotografico che si rispetti, la superstar deve indossare un vestito per l’occasione.
Jackson non trova nulla dall’enorme guardaroba dello studio ma gli piace molto l’abito bianco che Zimmerman indossa quel giorno e si accorgono di avere la stessa taglia e altezza.
Dick si cambia in camerino, Michael indossa il suo vestito e si mette in posa, sdraiato con un cucciolo di tigre fatto venire apposta perché è la sua unica, vera richiesta, da amante degli animali.
Dopo un intero giorno di foto e varie prove del suo Moonwalk (Dick è una delle prime persone ad averlo visto dal vivo ballarlo) mancano solo pochi giorni perché quel semplice, vecchio, banalissimo vestito bianco finisca nell’immagine di copertina del disco più venduto di tutti i tempi.
Alla prova di Quincy Jones
Il giorno dopo Zimmerman ritorna negli studi discografici dove ancora impazzano le registrazioni di Thriller. Nell’autunno del 1982 Quincy Jones e Michael Jackson mixeranno da capo tutte le tracce, insoddisfatti del risultato ottenuto.
A differenza della prima volta, Dick ha con sé ha le circa trentacinque foto scattate a Michael Jackson il giorno prima. Michael chiama Quincy e, incredibilmente, fa scegliere al produttore la foto da mettere in copertina.
Zimmerman ricorda che dopo un solo minuto Jones, puntando il dito sull’immagine della copertina di Thriller, disse: “That’s the one, Michael”.
Sei mesi dopo, con Thriller già in circolazione
Un giorno, Dick Zimmerman e consorte stanno pranzando in un ristorante di Los Angeles. Thriller è uscito da sei mesi.
Non è un luogo che frequentano spesso. Lui è ancora un fotografo. Ogni tanto indossa ancora il vestito usato da Michael Jackson per la sua copertina.
Dick vede una persona entrare nel ristorate. La security a seguito fa intuire che si tratta di uno abbastanza famoso da avere una scorta e, nonostante pochi mesi prima avrebbe riso all’eventualità che quel giovane ragazzo avrebbe girato con le guardie del corpo, lo riconosce subito.
Non ci si scorda di una celebrità che ha indossato uno dei tuoi abiti.
Jackson va a sedersi nel lato opposto del locale dov’è seduto Dick, come a confermare il fatto che nel frattempo è molto, molto più famoso di prima.
“Figuriamoci se una star come lui ha tempo da perdere con un fotografo come me, anche se mi notasse” deve aver pensato Dick.
Dick che a un tratto si sente battere sulla spalla, si gira e si trova davanti Michael Jackson che lo ringrazia per aver “fatto diventare Thriller un grande album”.
Dick è commosso, apprezza molto il complimento, perché di solito nell’industria discografica nessuno sa niente di chi fa cosa. Ma questa non è la sua unica soddisfazione.
Un giorno qualcuno gli farà sentire cosa si prova a essere dall’altra parte.
Riceverà la proposta di una foto mentre indossa lo stesso completo bianco, il suo completo bianco, nella stessa posizione di Jackson, con una macchina fotografica al posto della tigre e un rotolo di pellicola in tasca invece del fazzoletto.
Poi, più di dieci anni dopo, dipingerà un quadro per il matrimonio di Michael e in un’altra giornata, a metà anni ’80, un’altra voce dall’altra parte del telefono gli proporrà di vendere quell’abito bianco.
Lui acconsentirà.
Del resto, che cosa cambia? Cinquanta milioni di persone hanno visto il suo vestito in quella copertina.
E altrettanti milioni di persone lo vedranno.
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