Testo e Significato di
Nella Mia Ora Di Libertà
Storia Di Un Impiegato
1973
Fabrizio De André
Composta da: Fabrizio De André, Giuseppe Bentivoglio
(Il testo di questa canzone è inserito in questo sito solo come citazione per cercare di spiegarne il significato.
É una divulgazione culturale per gli amanti della musica e per chi è curioso: non ci sono fini economici e tutti i diritti sul testo sono riservati agli autori.)
Di respirare la stessa aria
Di un secondino non mi va
Perciò ho deciso di rinunciare
Alla mia ora di libertà
Se c’è qualcosa da spartire
Tra un prigioniero e il suo piantone
Che non sia l’aria di quel cortile
Voglio soltanto che sia prigione
Che non sia l’aria di quel cortile
Voglio soltanto che sia prigione
È cominciata un’ora prima
E un’ora dopo era già finita
Ho visto gente venire sola
E poi insieme verso l’uscita
Non mi aspettavo un vostro errore
Uomini e donne di tribunale
Se fossi stato al vostro posto…
Ma al vostro posto non ci so stare
Se fossi stato al vostro posto…
Ma al vostro posto non ci sono stare
Fuori dell’aula sulla strada
Ma in mezzo al fuori anche fuori di là
Ho chiesto al meglio della mia faccia
Una polemica di dignità
Tante le grinte, le ghigne, i musi
Vagli a spiegare che è primavera
E poi lo sanno ma preferiscono
Vederla togliere a chi va in galera
E poi lo sanno ma preferiscono
Vederla togliere a chi va in galera
Tante le grinte, le ghigne, i musi
Poche le facce, tra loro lei
Si sta chiedendo tutto in un giorno
Si suggerisce, ci giurerei
Quel che dirà di me alla gente
Quel che dirà ve lo dico io
Da un po’ di tempo era un po’ cambiato
Ma non nel dirmi amore mio
Da un po’ di tempo era un po’ cambiato
Ma non nel dirmi amore mio
Certo bisogna farne di strada
Da una ginnastica d’obbedienza
Fino ad un gesto molto più umano
Che ti dia il senso della violenza
Però bisogna farne altrettanta
Per diventare così coglioni
Da non riuscire più a capire
Che non ci sono poteri buoni
Da non riuscire più a capire
Che non ci sono poteri buoni
E adesso imparo un sacco di cose
In mezzo agli altri vestiti uguali
Tranne qual è il crimine giusto
Per non passare da criminali
C’hanno insegnato la meraviglia
Verso la gente che ruba il pane
Ora sappiamo che è un delitto
Il non rubare quando si ha fame
Ora sappiamo che è un delitto
Il non rubare quando si ha fame
Di respirare la stessa aria
Dei secondini non ci va
E abbiamo deciso di imprigionarli
Durante l’ora di libertà
Venite adesso alla prigione
State a sentire sulla porta
La nostra ultima canzone
Che vi ripete un’altra volta
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti
Per quanto voi vi crediate assolti
Siete per sempre coinvolti
Significato di Nella Mia Ora Di Libertà
Il finale di “Storia di un Impiegato” è il tempo dell’introspezione.
L’impiegato, dal carcere, riflette sul suo gesto individualista e capisce un paio di cose su ciò che ha fatto.
Non a caso Fabrizio De André sceglie proprio la prigione come ultimo atto, luogo dove sei costretto a stare in compagnia di te stesso, o a condividere la cella con perfetti sconosciuti, e che implica una collettività forzata durante l’ora d’aria. In prigione c’è molto tempo per pensare.
L’impiegato preferisce rinunciare all’ora d’aria piuttosto che condividere lo spazio con le guardie.
Loro sono simbolo di quel potere che decide chi deve essere libero e chi prigioniero. Ma anche loro sono intrappolati in un ruolo e in una società, tanto quanto lui è in cella.
Non si aspettava un errore dei giudici, e poi riflette che se fosse stato al loro posto e non finisce la frase perché “al vostro posto non ci so stare”. Inutile pensare a cosa faresti nei panni di qualcun altro se non potresti mai essere come quel qualcuno.
L’impiegato ripensa alla rabbia ingiustificata della gente (“Tante le grinte, le ghigne, i musi”) che non sa cosa vuol dire ribellarsi e cambiare la società (“Vagli a spiegare che è primavera”) e preferisce veder perdere la libertà altrui piuttosto che guadagnare la propria.
Realizza quanto sia disumana la “ginnastica d’obbedienza” del popolo e la difficoltà a disabituarsi a questo riflesso incondizionato. Altrettanto difficile è capire che il potere non è mai positivo, e sostituito un potere con un altro i suoi effetti saranno sempre negativi.
Solo dal carcere la sua voce per la prima volta è parte di un coro. Vive la sua prima esperienza collettiva, con tanti altri uguali a lui, vestiti come lui, e capisce tante cose, tranne quale crimine si può fare per non passare da criminale.
Dal carcere l’impiegato trova l’equilibrio, capisce che si può cambiare davvero con un sforzo collettivo. E dalla prigione, nonostante tutto, ripete un concetto che non è cambiato: “per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti.”
Sono stato sempre un ammiratore di Faber, fin dalle sue prime canzoni. Questa è una delle migliori.
Grazie
Bellissima ed esaustiva spiegazione. Certe canzoni andrebbero proposte nei testi di scuola per educare le nuove generazioni ad una seria riflessione sul significato profondo della parola liberta’ e quanto di questo termine si faccia a volte un uso a dir poco spregiudicato
Grande perdità…
Il più grande di tutti
Non so cosa darei perché Faber fosse ancora con noi e cantasse i tempi che viviamo. Sempre e per sempre Faber Magnum
Quanta lungimiranza in poche parole…