Nevermind – Nirvana (1991)

Copertina Originale: Robert Fisher

Fotografia: Kirk Weddle

VALORE VINILE DA COLLEZIONE

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NEVERMIND TRACKLIST BRANI

A1- Smells Like Teen Spirits
A2- In Bloom
A3- Come As You Are
A4- Breed
A5- Lithium
A6- Polly

B1- Territorial Pissings
B2- Drain You
B3- Launge Act
B4- Breed
B5- Stay Away
B6- Something In The Way[Traccia nascosta: Endless, Nameless]

Realizzazione della copertina più iconica, visibile, imitata, parodiata, invidiata della storia.

Una grossa etichetta americana ha bisogno di una copertina per il secondo album di una band di Seattle quasi sconosciuta, i Nirvana.

Il fotografo Kirk Weddle non li ha mai sentiti nominare, né tanto meno suonare, ed è solo a conoscenza di due cose.

La prima è il concept della copertina di Nevermind (questo il nome dell’album), un bambino sott’acqua che cerca di raggiungere una banconota da un dollaro attaccata a un amo da pesca.

La seconda è che la copertina deve far discutere, far parlare di sé.

La foto che ha in mano è perfetta, la migliore tra le circa 50 che ha scattato al Rose Bowl Acquatic Centre di Pasadena.

Un bimbo piccolissimo nuota completamente nudo in una piscina, sott’acqua.

Sembra un bambino che si è lanciato a braccia aperte da un aereo giocattolo con il paracadute.

Ha gli occhi aperti e il suo visino sembra sorridere, come se per lui nuotare fosse il gesto più naturale del mondo perché fino a quattro mesi prima nuotava nella pancia della mamma quindi sissignore, per me è la cosa più facile del mondo, sì. Facile.

Ma non è stato uno scatto facile per Weddle, tutt’altro.

É stato un momento di genio e un colpo di fortuna, un attimo miracoloso raccolto dalla sua macchina fotografica e trasferito sulla copertina di un album, Nevermind, che farà esplodere i Nirvana in tutte le direzioni, come una lunga fila di casse di dinamite.

Una bellissima foto con il neonato più celebre da quando esiste la musica, Spencer Elden, inconsapevole di nuotare in una delle copertine più famose, fortunate e discusse di sempre.

4 mesi di vita, paffuto, tutto pieghe e strati nelle braccia e nel collo, il piccolo pene che spunta sotto la pancia rosa.

E proveranno a censurare la copertina di Nevermind, secondo album dei Nirvana, temendo accuse di pedopornografia.

Ci proveranno seriamente, a causa della nudità integrale del bambino per un elemento sessuale (ciò che distingue la pedopornografia) che in effetti non c’è.

L’alternativa imposta da Kurt Cobain alla censura farà impallidire la casa discografica, che scarterà l’idea di oscurare l’immagine.

Il piccolo Spencer non si rendeva conto di nulla (troppo piccolo) e neanche Weddle si rendeva conto che la collaborazione con i Nirvana sarebbe stata così importante (troppo piccoli pure loro)

Altrimenti col cavolo avrebbe chiesto appena 1000$ per tutto il servizio fotografico.

E del resto neanche il giovane direttore artistico della Geffen Records, Robert Fisher, sapeva quello che sarebbe accaduto, lui che prima di assumere Weddle aveva cercato di realizzare la prima idea di Kurt Cobain per la copertina di Nevermind.

Un parto subacqueo.

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Dalla prima idea a qualcosa di più realistico

Cobain, cantante e leader dei Nirvana, aveva avuto quest’idea guardando un documentario sulle nascite di bambini in acqua insieme al batterista e suo compagno di band Dave Grohl.

Il parto sommerso voluto da Cobain era Alice nel Paese delle Meraviglie. Molto più realistico fare qualsiasi altra cosa.

Ma la personalità di Cobain non era molto abituata ai “no”, dunque Fisher ci aveva provato senza riuscirci.

Togliendo le foto brutte e le altre troppo grafiche, non restava nulla che andava bene per una copertina.

Trovare la foto di un bambino immerso nell’acqua, senza tirare in mezzo il parto, era molto più realistico.

Fisher trova molte foto di repertorio ma 7.000-8.000 dollari all’anno per il loro uso è una follia che lo spinge a ingaggiare un fotografo di professione.

La fortuna spinge Kirk Weddle nell’orbita della Geffen grazie a una particolare abilità messa in evidenza nel suo workbook, una specie di curriculum dei fotografi.

Kirk Weddle e la foto del bimbo di Nevermind

Forse non è fotografo per vocazione (in un’intervista ha detto “I thought photography would be an easy way to make a living and meet women” – pensavo che la fotografia fosse un modo facile di procurarsi da vivere e incontrare donne) ma da sempre un abile sommozzatore, Kirk aveva unito le due passioni diventando un fotografo esperto in riprese subacquee.

La particolare bravura di Weddle e la fortuna di essere nel posto giusto al momento giusto, per una foto riconoscibile anche a chi non ne ascolta, di musica.

Momenti, dicevamo, questione di momenti.

Per immortalare il piccolo che si lascia andare sott’acqua, il più semplice dei gesti, c’è solo un attimo buono, forse due. É questo a rendere la foto un vero capolavoro.

La copertina di Nevermind sembra una staffetta corsa con un cactus come testimone, molto difficile da tenere in mano.

Cobain a Fisher, Fisher a Weddle, Weddle al suo amico Rick Elden, a cui chiede di prestargli suo figlio al servizio della copertina di un album rock.

Era una foto semplice a dirsi, molto più difficile a farsi.

In un’intervista a Laweekly (trovi il link in fondo alla pagina) Weddle dice che gli scatti sott’acqua, rispetto alla ritrattistica ambientale, l’altra sua specialità, sono molto più scenografici, emozionanti e complicati.

Gli “attori” per lo scatto non possono respirare, non vedono nulla e non possono comunicare con il fotografo, se non con i gesti. Poi le persone normali non sono abituate all’apnea e non hanno muta da sub con ossigeno.

Di solito Weddle ingaggiava le persone e poi capiva durante il lavoro se erano adatti a una situazione così particolare.

Molto diverso fotografare le celebrità sott’acqua.

Molto più rischioso per il peso del nome e la responsabilità di far uscire indenne la star di turno. Era come se il personaggio famoso si immergesse con la zavorra del suo nome addosso, aumentando la probabilità che qualcosa andasse storto.

Ma stavolta, nel 1991, Kirk Weddle ha di fronte una sfida ancora più complicata.

“Lavorare” sott’acqua con bambini di pochi mesi.

Se possibile, i rischi per una foto in apnea con un neonato si moltiplicano.

Un divertimento poteva trasformarsi in pericolo concreto, per non parlare della collaborazione.

Ai bimbi così piccoli non serve dir loro cosa fare. Più che altro non funziona. Decidono loro, e se non vogliono collaborare non serve pregare in tutte le lingue del mondo.

Per evitare di trovarsi con un solo piccolo “boss”, Weddle chiama altre quattro famiglie con neonati pagando loro 50$ ciascuno per il disturbo.

Kirk utilizza una bambola per gli scatti di prova, poi iniziano a scendere i bambini mentre lui aspetta immerso con la sua fotocamera su treppiede.

I genitori lasciano andare i piccoli immergendoli per pochi secondi, click-click-click foto-foto-foto, via uno e giù l’altro.

Con Spencer Elden è sua madre Renta ad andare in acqua con lui, soffiandogli aria in faccia per fare in modo che il bimbo arricciasse il naso non lasciando passare l’aria, oltre a stimolare i suoi riflessi.

Quando Spencer avrà 25 anni dirà che sua madre era la più convinta dello shooting. Diceva a tutti del servizio per quella copertina, come se il figlio fosse già famoso. Come se sentisse che la foto sarebbe entrata nella leggenda.

La famiglia Elden riceve circa 200$ per la foto ma nessun diritto d’autore, perché Weddle aveva solo chiesto un aiuto ai suoi amici lasciandogli fotografare loro figlio.

Ogni bimbo scese per quattro, cinque secondi; il servizio durò quindici minuti, un arco di tempo ridicolo in cui Weddle si ritrova con circa 50 foto.

Tra tutte le foto buone (tra cui quelle di una bambina più a suo agio nell’acqua che sulla terra ferma, l’unica vera sfidante di Spencer per il vincitore della copertina) solo una è assolutamente perfetta.

La posizione, l’espressione del viso, tra lo stupore e il divertimento, il modo in cui allarga le braccia per dire “mamma prendimi in braccio e andiamo a comprare il gelato” ma invece sta nuotando.

Oppure sta cercando di raggiungere qualcosa, se in post produzione gli mettiamo un amo da pesca vicino.

Ma con cosa attaccato? La decisione cruciale della copertina, che porta via più tempo a Weddle e ai Nirvana, è proprio questa.

Decidere cosa attaccare all’amo, la parte provocatoria della copertina di Nevermind.

Come se la nudità del bambino non fosse abbastanza.

A proposito. La Geffen, memore dei casini scoppiati con la prima copertina di Appetite For Destruction dei Guns’N’Roses quattro anni prima, prepara una copertina sostitutiva nel caso di critiche, ma non avevano ancora sentito il parere di Kurt Cobain.

Cobain avrebbe accettato solo un adesivo sui genitali del bimbo che avrebbe gridato “If you’re offended by this, you must be a closet pedophile” (se ti senti offeso da questo, devi essere un pedofilo represso). La Geffen lascerà la copertina illibata pensando a quell’effetto boomerang.

Oppure ci vuole un tocco ironico?

Migliaia di oggetti possono avere le funzione di esca. 

Weddle e la band impiegano ore e ore a pensarlo, compreso un pezzo di carne, un cane, un vinile, perfino un burrito.

Nessuno è convinto di cosa può essere il tentatore di quel bimbo fino a quando, un giorno, qualcuno se ne esce con “e se fosse un biglietto da un dollaro?”

Ma certo. É perfetto. I soldi, la genesi di ogni male. L’inizio di tutta la ricchezza materiale, la banconota più iconica negli USA e verso l’infinito e oltre. Il biglietto da un dollaro.

Semplice, immediato, d’impatto.

Molti critici e fans vedono nella banconota il significato principale della copertina di Nevermind: una frecciata alla società, fondata sul denaro, e alle persone, attratte dal denaro.

Persone e società si autoalimentano a vicenda cercando la ricchezza.

Il senso dell’immagine allora sarebbe un neonato, la più innocente delle creature, ancora più indifeso perché non può respirare né vedere, che sta per abboccare all’amo della società capitalistica.

Non sta solo abboccando ma sembra attratto da quel dollaro, come se la ricerca del denaro fosse il suo destino già a pochi mesi di vita.

Ma Kurt Cobain non farà mai capire il preciso significato di questa cover.

Cobain, al contrario, si dimostrerà sempre molto critico con chi cerca un significato troppo profondo o complicato ai suoi album, i suoi testi, le sue musiche.

Per i pochi anni in cui vivrà dopo Nevermind, questa copertina gli piace perché è coerente con la sua idea del bimbo, anche senza darle un significato assoluto.

Per la back cover di Nevermind vale lo stesso discorso.

Back Cover di Nevermind

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Kurt Cobain faceva strani spelling del suo nome e cognome quando gli andava, per nessun apparente motivo.

Nella sua personalità sensibile, complessa e tormentata era un divertimento, uno dei suoi modi per essere ironico.

Kurt si accredita Kurdt Kobain nel collage della back cover di Nevermind.

Un collage con pezzi di carne da un supermarket, immagini di apparati genitali femminili malati, prese da un album di Cobain, e altre immagini dell’Inferno dantesco.

In primo piano, ben visibile, c’è una scimmia di gomma, e nel collage, occulto, Kurt rivela un’immagine dei Kiss tra i pezzi di manzo.

Ma bisogna guardare la copertina da molto vicino per accorgersi di questo particolare.

Qualche mese più tardi, nella stessa piscina, Kirk Weddle fotografa anche la band. E saranno foto più difficili di quelle ai bimbi.

Il brutto tempo, la piscina in condizioni pessime e la band che tornava da un concerto la notte precedente (esibizione che permette a Weddle di sentire per la prima volta la musica dei Nirvana) rendono il servizio lungo e complicato.

Cobain arriva due ore in ritardo e quando torna si mette a dormire. Sono sicuro che hai presente la foto di Kurt rannicchiato come un bambino con un asciugamano bianco sopra.

Quando Kurt si sveglia, dopo altre due ore, Weddle scatta le foto ai Nirvana in versione subacquea, con tanto di strumenti. Le immagini originali oggi sono pezzi da collezione vendute per un minimo di 600 dollari.

Kurt, Kurt, è lui il leader e perno del gruppo. Lui pensa a tutto su Nevermind, composizione, copertina, titolo e stile.

A com’è e a come doveva essere, prima di diventare Nevermind.

Da Sheep a Nevermind con due svolte

Il disco in origine si doveva chiamare Sheep, perché Cobain, scherzando, considerava le persone che l’avrebbero acquistato il gregge dei Nirvana.

Lui ci scherzava quando diceva che i Nirvana sarebbero diventati una band importante. Forse nel profondo lo sentiva oppure è una di quelle cose che si dicono a metà tra la burla e l’esorcismo, per non prendersi molto sul serio.

Forse non avrebbe retto a tanta popolarità ma quando Nevermind era ancora Sheep lui scherzava e si faceva chiamare con questo soprannome.

Si faceva chiamare “Sheep” prima che due eventi cruciali cambiassero direzione alla carriera dei Nirvana e al sequel di Bleach, album d’esordio.

Primo evento: cambio batterista

Il primo evento è il licenziamento di Chad Channing, il loro batterista.

Channing non era all’altezza, secondo Cobain. Tutto qui. Era un ripiego per non aver trovato un batterista al livello di Dale Crover dei Melvins.

Crover era la prima scelta, un battitore potentissimo. Aveva inoltre aiutato i Nirvana a registrare la loro prima demo alla Sub-Pop Records e il primo contratto.

La mano di Channing era molto più morbida, e si scontrava con l’indole dirompente punk di Cobain e Krist Novoselic.

Quando i Nirvana incappano nel prodigioso Dave Grohl, uno dei batteristi più potenti degli ultimi trent’anni, le canzoni di “Sheep” erano già state registrate con la manina di Channing.

Poco da fare, devono essere registrate, e a quel punto il titolo “Sheep” ha già perso tutto il suo fascino e lo scherzo, che come sappiamo è bello se dura poco, è già finito.

Secondo evento: cambio etichetta

Il secondo evento è il cambio d’etichetta.

I Nirvana erano scontenti perché la piccola Sub-Pop non garantiva la distribuzione dei loro dischi, oltre a papparsi quasi tutto il ricavato per finanziare altri progetti.

Ovvio che l’unica strada era la firma con una major, e questa sarà la DGC Records, costola della potente Interscope Geffen A&M Records, proprietaria di una miriade di sotto-etichette.

L’unico modo per correre veloci era cavalcando il cavallo giusto e se il cavallo era la grande etichetta allora così sia.

Cambio del titolo: da Sheep a Nevermind e stravolgimenti di tracklist

I Nirvana, nella sua formazione celebre, registra nuovamente “Sheep” con il nuovo batterista e cambia il titolo in Nevermind, a rappresentare la concezione di Kurt Cobain sulla vita e perché era grammaticalmente scorretto.

Il titolo Nevermind, nessuna preoccupazione, sembra contrastare l’immagine del bambino che segue i soldi.

O almeno sembra tranquillizzarci, come a voler prendere con filosofia e leggerezza anche un messaggio di questo tipo.

Decideva sempre tutto Kurt.

Già nel 1990 componeva e scombinava la tracklist di Sheep (o Nevermind) molte volte prima di scegliere quella ufficiale. Poco prima della pubblicazione dell’album, nel Kurt Cobain’s Journal, a pagina 88, c’era questo tentativo di scaletta di Sheep:

  • Imodium
  • Lithium
  • Dive
  • Polly
  • Sappy
  • Token Eastern Song
  • Verse Chorus Verse
  • In Bloom
  • Pay To Play
  • Dumb
  • Been A Son

A pagina 116 la tracklist diventa:

  • In Bloom
  • Imodium
  • Pay To Play
  • Territorial Pissings
  • Lithium
  • Sliver
  • Verse Chorus Verse
  • Sappy
  • Polly
  • Something In The Way

E a pagina 123 cambia in:

  • In Bloom
  • Lithium
  • Polly
  • Territorial Pissings
  • Imodium
  • Pay To Play
  • Sliver
  • Been A Son
  • Sappy
  • Verse Chorus Verse
  • Something In The Way

Si pensa che la tracklist ufficiale di Nevermind sia scelta casualmente da un Cobain incapace di decidere la sequenza ottimale dei brani, e i suoi tanti cambiamenti nel Journal ne sono una prova.

Oltre ai brani di Nevermind c’è anche la traccia fantasma Endless, Nameless, esclusa per errore nei primi vinili già stampati e mandati in orbita per le vendite.

Esistono al mondo circa 2000 copie di Nevermind senza la ghost track Endless, Nameless, particolarità che li rendono dei veri pezzi da collezione.

Nevermind: l’inconsapevolezza di fare qualcosa di grande

Nevermind è l’esempio migliore di come una copertina può diventare celebre con un grande concept e un po’ di fortuna.

La rappresentazione mentale di Kurt Cobain era geniale. L’ostacolo era il lavorare con bambini molto piccoli, imprevedibili e inconsapevoli di quello che facevano.

Anche Weddle non si rende conto di scattare una foto talmente grande da andare oltre il concetto stesso di icona.

E Kurt Cobain non sa che Nevermind, anche grazie a questa copertina, diventerà uno dei dischi più cruciali e importanti di tutti i tempi.

Ma lo sente, lo annusa. Lo fiuta.

Smells Like Teen Spirits, il primo singolo, e Come As You Are, il secondo, trascinano l’album in prima posizione a gennaio 1992 con tanto di poderosa spallata a Dangerous di Michael Jackson.

Per i primi mesi del 1992 circa 300.000 persone alla settimana si porteranno a casa un vinile, una cassetta o un cd con un poppante che cerca di raggiungere una banconota.

Tutti sono soddisfatti della copertina, Kurt Cobain e Kirk Weddle su tutti.

Zero probabilità che la gente rimanesse indifferente a questo bambino. E che non si facessero domande. Forse nessuno si aspettava che ne parlassero così tanto.

Buona parte di merito va a Spencer Elden, troppo piccolo per capirlo, anche se quando sarà grande dirà di sentirsi diviso tra una grande curiosità e l’inquietudine per essere diventato famoso “suo malgrado”, grazie a qualcosa che non sapeva di fare.

Incontrerà Kirk Weddle qualche volta. A dieci anni Weddle gli farà un altro servizio fotografico. Magari Spencer avrà chiesto di quel giorno del 1991 e Kirk gli avrà raccontato i segreti.

Resterà abbastanza indifferente alla musica (a detta di suo padre) nonostante il tatuaggio “Nevermind” sul braccio.

Magari avrebbe desiderato incontrare Kurt Cobain, ma i due condivideranno un posto nello stesso mondo solo fino al 1994, quando Spencer avrà tre anni.

Quando Kurt Cobain si toglierà la vita, tre anni dopo, Spencer Elden sarà ancora troppo piccolo per capire.