Dookie – Green Day (1994)

Copertina Originale: Richie Bucher

VALORE VINILE DA COLLEZIONE

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DOOKIE TRACKLIST BRANI

A1. Burnout
A2. Having A Blast
A3. Chump
A4. Longview
A5. Welcome To Paradise
A6. Pulling Teeth
A7. Basket Case

B1. She
B2. Sassafras Roots
B3. When I Come Around
B4. Coming Clean
B5. Emenius Sleepus
B6. In The End
B7. F.O.D.

La scommessa del terzo album dei Green Day vuol dire puntare su canzoni, copertina e titolo.

C’è una copertina e c’è un titolo.

Il titolo stavolta è Dookie e la copertina è un disegno a pastelli. Una scena della Telegraph Avenue di Berkeley, tana dei Green Day, in una particolarissima esplosione.

La decima decade del ventesimo secolo regala copertine notevoli.

Il circo di Michael Jackson è solo il primo esempio in ordine cronologico ma Dookie lo segue a ruota perché è una delle immagini più rappresentative, espressive, movimentate da essere incasinate…

…fermi un attimo. C’è un titolo. Stavolta è il caso di iniziare da lui.

Il primo ingrediente di Dookie: il titolo

Dookie, che può sembrare un titolo come tanti, nella realtà dei fatti non lo è.

É un titolo esuberante, vuole attirare la nostra attenzione prima delle canzoni. In realtà questo succede sempre, dalla meraviglia più bella all’ultimo degli orrori.

In ogni album, il titolo e la copertina parlano sempre prima delle canzoni.

I brani restano in silenzio finché non ascolti il disco, poi di solito è il titolo a passare in secondo piano, ma non con Dookie.

Dookie resta in mente anche dopo.

Sarebbe un nome perfetto per un cartone animato, anche se non lo diresti di fronte a un bambino piccolo. No che non lo diresti.

Un termine che sentiresti spesso nei corridoi scolastici, nonostante solo il più ribelle dei professori lo assegnerebbe come tema in classe.

Il titolo, inteso come sostantivo maschile, sarebbe “l’indicazione essenziale che serve a individuare o definire un’opera d’arte o una pubblicazione”, compresi gli album musicali.

Ma non sempre. Altrimenti Dookie dovrebbe essere un album di merda. E non lo è.

Almeno venti milioni di persone che hanno acquistato il disco sarebbero pronte a giurarlo.

L’efficacia di un titolo dipende dalla lingua.

Se è italiano ne cogliamo subito il senso, tra le lettere annusiamo l’album e a volte ne percepiamo il gusto ancora prima di ascoltarlo.

Ma se il titolo è inglese, come Dookie, il suo significato può scivolare via tranquillamente, come quando tiri l’acqua del gabinetto. Wooosh.

Soprattutto se il suddetto termine è uno slang, una parola da urban dictionary e simpatica al tempo stesso. Dookie. Suona bene!

Allora facciamo finta che sia italiano. Se così fosse, cosa penseresti di un album che s’intitola “merda”?

Senza giri di parole. Merda.

Che reazione avresti davanti a un disco dal titolo “diarrea”?

Rideresti, t’imbarazzeresti o rimarresti indifferente?

Nel 2019 sarei io stesso a giurare che difficilmente un album con questo titolo verrebbe pubblicato.

Perché questo vuol dire Dookie. Shit. Ma shit nel modo più educato, un po’ elegante. Shit nella variante semisolida, comunque.

I Green Day volevano chiamarlo Liquid Dookie, allora sì che sarebbe stato “cacca liquida”, ma per la casa discografica era troppo scurrile.

La Reprise accetta il titolo Dookie perché tratto da una storia vera. Nell’ideologia punk del DIY non c’è di meglio che proporre qualcosa di autentico, senza artifici.

Durante il tour di Kerplunk (che rimanda ancora a qualcosa che finisce in acqua: Ker-plunk!) i Green Day erano stati colpiti più e più volte da una fulminante diarrea dovuta da junk food e ritmi forsennati.

Billie Joe Armstrong aveva avuto l’illuminazione. É il titolo più onesto della loro storia recente.

E la copertina di Dookie è sincera perché racconta le radici dei Green Day nella East Bay, una delle scene punk più importanti nel teatro americano.

É il regalo di un amico, Richie Bucher, e la sua comica esplosione (comica se la guardi da vicino) è ancora una volta una verità.

Preannuncia il botto dei Green Day da lì a pochissimi mesi.

Scena punk di Berkeley in Copertina

Dal 1986, se vivevi a Berkeley e volevi musica alternativa dal vivo andavi sicuramente al 924 Gilman Street.

Se invece abitavi nei dintorni di San Francisco, e volevi ascoltare gruppi indie della scena californiana, guidavi o ti facevi portare a Berkeley, al 924 Gilman Street. Appunto.

Il Gilman è come un piccolo pezzo di universo dove alcune band che troveranno la fama, tipo Green Day, Offspring e NOFX, si mescolano a centinaia di altre meteore, molte delle quali sconosciute.

É un luogo di culto per la musica punk in particolare, ma anche per l’hardcore, la ska, l’heavy metal e l’hip hop.

Il Gilman è alternativo anche per lo stile.

Non sono consentite droghe, l’alcol è vietato, è bandita ogni forma di violenza, razzismo, sessismo e omofobia. Pena l’espulsione dal club.

Beh, per essere sbattuto fuori ci vuole meno. Ti basta firmare con una major, rinnegando il credo indie.

É successo ai Green Day nel 1993, quando Billie Joe Armstrong, Mike Dirnt e Tré Cool lasciano la Lookout! Records per andare tra le braccia della Reprise, e fuori dal Gilman al tempo stesso, ripudiati dai loro stessi fans.

Ma a Berkeley ci sono anche gli amici, tra cui Richie Bucher, artista e batterista della punk band Soup, amico dell’ex Green Day John Kiffmeyer.

Il secondo album dei Green Day, primo con una major, ha un titolo imbarazzante, sebbene il target di riferimento fossero i giovani punk, non proprio l’emblema dell’eleganza.

Nella copertina di Dookie Richie Bucher rappresenta Berkeley, il posto che conosce meglio al mondo.

Lì ha ammirato personaggi stravaganti, frequentato locali come il Gilman e ascoltato band locali, tra cui i Green Day, ma non solo, e la differenza tra lui e un altro artista sta proprio in quel “non solo”.

Welcome To Paradise, allora, non è solo una delle canzoni dell’album ma il benvenuto nel mondo dei Green Day.

La copertina di Dookie sotto una lente

A dominare la copertina di Dookie c’è un aereo da guerra, pilotato da un cane, che ha sganciato alcune bombe sulla folla sotto di lui.

Una è esplosa mostrando il nome gigante del gruppo.

Le bombe riportano la scritta “Dookie”, a farci immaginare che sostanza possono contenere.

Richie Bucher aveva consumato Kerplunk a furia di ascoltarlo, e le prime due canzoni gli ricordavano il roboante avvicinarsi di un aereo.

Un aereo che molla bombe di merda sulla band e su Berkeley, a profusione, ogni settimana, a turno, senza scampo.

La parola Dookie è adagiata su un cumulo di roba marrone e gli animali in copertina lanciano escrementi dai palazzi della Telegraph Road.

A destra, una mosca chiede al cane “Excuse me sir, are you just going to throw that away”, come a chiedergli se vuole gettare quel ben di Dio.

Anche la scimmia in primo piano è perplessa mentre sta pensando se è il caso di gettarla tra la folla con un eloquente “Throw?”

La copertina è un parapiglia generale dove tutti sembrano in preda al caos: chi cade, chi colpisce, chi lancia, chi cammina, chi cerca di farlo, chi si muove, chi fa altro, come i due cani sopra il palazzo più in alto, a destra.

Vediamo allora cosa inserisce Richie Bucher nella sua immagine più famosa.

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Dirigibile bianco

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Il dirigibile nell’angolo a sinistra con scritto “Bad Year” e la scritta “Eat at Chef Wong’s” è un riferimento a Rocket to Russia, pietra miliare dei Ramones.

Sembra che Eat at Chef Wong’s sia una scritta in una delle magliette del gruppo, in copertina.

La curiosità vuole che Joey Ramone fosse l’idolo indiscusso di Tré Cool. Nel 1995 il batterista dei Green Day avrà la sua prima figlia e la chiamerà, in suo onore, Ramona.

Raffinerie petrolifere

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L’East Bay è piena di raffinerie di petrolio.

La California, uno dei paesaggi naturali più mozzafiato degli Usa, è anche lo stato con più centrali di raffinazione dopo il Texas.

Era qualcosa che lui e il gruppo vedevano sempre. Il teschio a tibie incrociate è segno che, forse, preferivano non vedere quelle costruzioni rovinare la natura.

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“Free Huey” e Alex Chilton dei Big Star

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Huey Newton è stato un attivista e rivoluzionario afroamericano, molto famoso negli anni 60 e 70 in California. Il Black Panther Party, movimento a favore dei diritti afroamericani, da lui fondato con Bobby Seale, era una delle maggiori organizzazioni sovversive in America.

Secondo l’FBI era uno dei più concreti pericoli per la sicurezza nazionale.

Capitava spesso di trovare graffiti a sostegno di Huey P. Newton a Berkeley.

L’ossigeno della Black Panther era il celebre slogan Black Power, con la sua mano nera chiusa a pugno.

La bomba a mano a forma di cuore stretta in una mano chiusa, sulla copertina di American Idiot, rimanda al logo della Black Power.

Il tizio con gli occhiali da sole è Alex Chilton, del gruppo rock statunitense Big Star, solo uno degli artisti omaggiati nella copertina di Dookie.

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Angus Young

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Il chitarrista degli AC/DC è sopra uno dei tetti a destra, nella stessa posizione della copertina di Let There Be Rock.

Patty Smith e le “Twisted Dog Sisters”

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Nel palazzo sotto c’è Patti Smith, altra eroina punk e rock, in posa come nella copertina di Easter.

La scritta sul muro “Twisted Dog Sisters” è il nome di un gruppo di giovani ragazze di Berkeley. Non erano cantanti, ma frequentavano sempre i locali del centro e si facevano chiamare con questo soprannome.

I Filth e il loro logo

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Ancora più in basso, il simbolo della band punk Filth, della East Bay, contemporanea ai Green Day e compagni d’etichetta alla Lookout!Records.

La firma di Richie, e logo personale, è quella faccina arrabbiata con il suo nome. Se l’era disegnato su una mano durante il liceo in un momento di rabbia.

Winchell’s Donuts

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Bucher e i Green Day frequentavano molto il Winchell’s Donuts House di San Pablo Avenue, a pochi metri dal Gilman.

Un tizio con calza in testa e chitarra in spalla sta rapinando un poliziotto con in mano una ciambella.

Per Billie Joe la frase “the fritter fat boy” si riferisce a un poliziotto che lavorava a Berkeley in quei tempi.

Sembra essere anche un riferimento ai Rip Offs, punk band attiva dal 1993 al 1995.

Raooul

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Anche le Raooul erano una punk band di ragazze: Maddy Reed, Loren Goetz, Melissa MacArthus, Molly Schnick e Phyllis Forbes. Erano tutte sui 14 anni nel 1993, quando Bucher fa questo disegno.

Proprio nel 1993 Molly Schnick e Phyllis Forbes divorziano dal gruppo e fondano le Tourettes. Forse sono proprio loro due nella copertina di Dookie.

Murray Bowles

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Il fotografo Murray Bowles, altro personaggio di Berkeley assiduo frequentatore del Gilman.

Il web è pieno zeppo dei suoi scatti a mezzo miliardo di band.

Richie Bucher ricorda il suo stile unico nel scattare le foto: sotto il palco, fotocamera sollevata, in pratica senza guardare l’obiettivo.

Banda Universitaria di Berkeley

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C’è spazio anche per la banda dell’Università della California, una delle più antiche e importanti in tutti gli Stati Uniti, che suonava marciando nelle strade di Berkeley.

Amici del vicinato

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Come detto, a Berkeley arrivavano molte persone dalle periferie nei dintorni di San Francisco. Per Bucher sembravano fatti con lo stampo, con pizzetto e cappello da baseball.

Ozzy Osbourne

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Ozzy Osbourne è una macchia scura nella copertina. Uno spettro inquietante come nella copertina di Black Sabbath, album omonimo del gruppo di Osbourne.

La primissima frase del primo brano, guarda caso dal titolo “Black Sabbath”, è proprio quella che leggi qui: “What is this that stands before me?”

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E poi c’è anche un tizio che somiglia a Elvis Presley e avrai sicuramente notato Dio, che se la ride nell’angolo in alto a destra e fa “ok” con la mano.

Ok, tutto ok, certo, la scena di Berkeley è in piena deflagrazione e un uragano punk si sta abbattendo nel mondo della musica.

Dookie taglierà gli anni novanta in due, non solo perché uscito a metà decennio ma anche perché sarà uno dei cosiddetti spartiacque nella musica e resterà nell’immaginario collettivo anche per la copertina e il titolo.

Titolo e copertina possono accontentarsi di presentare un album ma può succedere, certe volte, che facciano a gara per impadronirsi di un’opera musicale, come nel caso di Dookie.

Dookie è una scommessa su tutto, e i Green Day puntano tutto ciò che hanno.

Qual è la prossima copertina dei Green Day di cui vorresti che si parlasse?
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