Immagino che le discoteche dello spazio (se ce ne sono) useranno una Pulsar.
Pulsar è uno dei modi con cui gli scienziati chiamano la stella di neutroni, cioè la luce stroboscopica dello spazio che funziona come un faro.
E’ davvero un faro a forma di sfera, ed è ironico che la sua nascita sia il risultato di una morte.
La morte di una stella con una massa così spaventosamente enorme, maggiore della somma di tutti i culturisti del mondo e pari a diverse volte quella del sole, ne provoca un’esplosione durante la quale il nucleo è compresso sotto l’influenza della sua stessa forza di gravità.
Qualsiasi cosa voglia dire, questo ammasso di materia diventa una “stella degenere”, che non è un’offesa, ma semplicemente un corpo celeste sferico, grande come un piccolo paese ma con massa pari a un paio di volte quella del sole.
Ed emette impulsi. La stella pulsa come se fosse viva e volesse comunicare.
E in effetti, è proprio quello che fa. Comunica, a modo suo.
Come un faro illumina a intermittenza e nello stesso modo un certo punto, la stella di neutroni invia un impulso unico e irripetibile, uno ogni secondo e mezzo circa.
Gli ottanta impulsi inviatici per la prima volta a noi comuni mortali del pianeta Terra dalla Pulsar B1919+21 nel 1967 sono diventati la copertina di Unknown Pleasures, album di debutto dei Joy Division.
Non si sa perché Peter Saville scelse questa copertina, ma di certo i segnali inviati dalla primissima stella di neutroni osservata erano un linguaggio di assolutamente sconosciuto nel 1979, quindi “Unknown” è il parallelo più lampante e la parola più azzeccata per un’immagine a quel tempo misteriosa e intrigante.
Saville utilizzò il negativo dell’immagine originale, con la “catena montuosa” nera su sfondo bianco. Preferì il bianco sul nero perché lo spazio è un’immensa distesa del nero più nero, e qualsiasi cosa pulsi nello spazio deve essere così luminosa da potersi vedere dalla Terra.
Oggi si crede che gli impulsi, ai nostri occhi una brulicante successione verticale di montagne e colline, siano particelle sparate fuori dalla stella alla velocità della luce.
La copertina di Unknown Pleasures, enigmatica quarant’anni fa e icona al giorno d’oggi, è un’interminabile sequenza di lampi in spazio aperto, osservato a un numero imprecisato di anni luce di distanza.
E tutto di questa copertina mi grida al presagio, qualcosa di inspiegabilmente connesso all’inquietudine che lega tutti i brani dei Joy Division nel loro primo e unico album, l’album della loro esplosione e della loro scomparsa, una stella che deflagra per il suicidio di Ian Curtis alla vigilia del loro primo tour, ma continua a mandare impulsi a oltre quarant’anni (luce?) di distanza.
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