Questa è la storia di un’anima imprigionata nel corpo sbagliato, un uccello costretto a vivere in gabbia. L’anima raccontata in I Am A Bird Now, un disco che fa bene all’anima e al cuore, nasce in un giorno d’autunno nel quartiere Queens di New York City con il nome di James Lawrence Slattery, e muore circa trent’anni dopo, in primavera, sempre nel Queens, che nel frattempo non si è spostato da New York, con il nome di Candy Darling.
Candy Darling cresce in una famiglia dove i genitori facevano a gara a non esserci. Il padre passava più tempo all’ippodromo dove trovava i suoi amici, tutti maschi, e si portava dietro le amiche femmine sotto forma di bottiglie di alcolici. Poi rincasava e recuperava il tempo perduto con la famiglia picchiando la moglie e anche Candy, perché solo in quel modo il padre, vero uomo fino al midollo, avrebbe permesso al suo secondo figlio maschio di crescere come il certificato di nascita lo obbligava a fare: come un vero uomo.
Ma James, intendo dire Candy, non è più uomo di quanto una giraffa possa sentirsi a casa a Manhattan, e passa la sua infanzia guardando vecchi film Holliwoodiani e impersonando le sue star preferite. Tutte donne. Nel frattempo, i suoi genitori hanno divorziato, lui e la madre vivono in uno squallido bungalow a Long Island e il fratello maggiore è partito per il Vietnam. Che il fratellone ritorni o no dalla guerra non è importante, perché quando James decide di essere Candy anche nella vita (era suppergiù il 1963) oltre che dentro sé stesso, il fratello non vorrà più saperne.
E come lui, tanti altri. Poco rilevante anche questo.
Conosce Andy Warhol nel 1967, che è già più rilevante, e molto prima conosce tutti i segreti del sesso, quando ancora per tutti era l’adolescente James, anche per sua madre. Nello stesso periodo realizza la sua omosessualità, il suo piacere nel travestirsi e la consapevolezza che la sua vita è contornata da sbarre. Una coscienza intima, crescente e ingombrante come un’armatura sotto il mantello.
Da questa vita nasce I Am A Bird Now, raro esempio di concept album post 2000.
Non è facile trovarne di questi tempi, in cattività.
É la dimostrazione che l’album ha uno spessore pari solo alla personalità di chi l’ha composto, quanto meno in termini di significato, perché è ispirato alla vita di una delle più famose celebrità transgender di sempre, occasione per gli Antony & The Johnsons di parlare anche della loro anima e cantante, cioè Antony. Che è nato Antony ma che è Anohni dal 2015, ufficialmente, in realtà da molto prima, una vita, o almeno da quando ha formato il suo gruppo prendendo il cognome di Marsha P. Johnson, un’attivista transgender trovata morta nel fiume Hudson del 1992 in circostanze che puzzano terribilmente di rancore, odio e intolleranza.
Anohni è un essere umano a cui la natura, Dio, la genetica o chi vi pare, ha provveduto a dare una voce che non si può definire in alcun modo senza sembrare troppo estasiati o esagerati. Ovvio, le è stato dato ciò che le sarebbe servito per gridare a tutti la sua vera identità. É semplicemente una voce scesa dal cielo. Ecco, vedi che ho esagerato. Eppure…è una voce con un timbro raro, tremolante e profondo, che può far piangere a comando e, se non lo fa, ti lascia immobile, senza protezioni.
I Am A Bird Now è un album potente, che esplora il tema della speranza di essere accettati, il conflitto interiore di essere in due (You Are My Sister), la sensazione di impotenza (What Can I Do, Spiralling) e la metamorfosi usando l’uccello come metafora di libertà, fragilità e nuova nascita. Anohni è dolorante ma determinata, quasi rabbiosa, mentre l’uccello vola dal primo all’ultimo brano di questo disco e un po’ sbatte le ali e un po’ si fa portare dal vento per il suo viaggio futuro. Un viaggio incerto ma inequivocabile. Il viaggio per conoscere la sua vera identità.
L’album è del 2005, due lustri prima che Antony completasse la sua ricerca o, almeno, una parte di essa.
E c’è il bisogno di comunicare questa esigenza addirittura con un concept-album. Perché se a sessant’anni dal dopoguerra la società è tornata indietro, come capacità di accettare, allora meglio fare noi un passo avanti, spingendo un’idea, un messaggio, un concetto, con la vibrante aggressività che il sonoro di Anohni le permette.
Perché l’alternativa è essere un’anima priva di forze, smarrita lungo tutto il corso della vita. Come fu Candy Darling.
Candy, che quando si veste da drag-queen si fa chiamare Hope Slattery, nomen omen, e quando ne toglie i panni fa visita a un dottore sulla 5th Avenue per le solite iniezioni di ormoni femminili. Andy Warhol rimane folgorato dalla sua performance nello spettacolo teatrale “Glamour, Glory and Gold” di Jackie Curtis, altra musa del buon, vecchio Andy.
Il buon, vecchio Andy che come tutti sapevano non badava a spese per il pagamento delle “sue” star, a patto che la spesa fosse bassa da far schifo. Il maggior privilegio di chi lavorava con lui era apparire nelle sue opere, frequentare la Factory, piroettare nei giri giusti della controcultura di New York e acquisire fama.
E Candy Darling, come racconta il documentario biografico Beautiful Darling, vedrà fama in buona quantità come superstar di Andy Wahrol, ma non riuscirà a comprarci nulla più di un semplice pasto al giorno.
La sua crescente popolarità non la spinge fuori dalle sue condizioni primordiali, al contrario, la risucchia dentro il suo stesso personaggio. Nei primi anni ’70 lei arranca ancora, dorme nel divano di amici, mangia una lattina di fagioli a cena e va di nido in nido, senza meta. Era un’anima vagante prima, sarà un’anima vagante dopo, ma un’anima che si fa guardare.
Come nei privè del glorioso Max’s Kansas City, lì dentro Candy si fa guardare per ore da chi desidera sfamare il suo narcisismo. Come in una delle stanze del Columbus Hospital, dove sarà ricoverata per una fulminante leucemia a 28 anni. Si fa guardare anche in quel caso e il fotografo è Peter Hujar, che scatta una foto splendida, spettrale, in bianco e nero, che ritrae Candy sul suo letto di morte e comunica tristezza, immobilità… e tutta la voglia di Candy di evadere da quella prigione. I suoi occhi truccati sembrano quasi chiusi o somigliano a due orbite nere. La fotografia s’intitola “Candy Darling on her deathbed” ed è forse l’unica copertina possibile per I Am A Bird Now.
La fotografia è magnetica e ti obbliga a guardare, come Candy obbligava a guardare nei locali di NYC dove musica, poesia, arte e politica si incrociavano.
In quei locali aveva conosciuto i Rolling Stones, con tanto di Brian Jones. Lì, aveva conosciuto anche Lou Reed, la stessa persona che andrà in tour con gli Antony & The Johnsons un’era zoologica dopo e canterà il delizioso inizio di Fistful Of Love.
Reed arriverà a conoscere così bene Candy Darling che scriverà Candy Says per il terzo album dei suoi The Velvet Underground, condensando in pochi versi un po’ di quell’esistenza ma non solo, perché Lou Reed, tanto per cambiare, aveva capito tutto:
“It’s about something more profound and universal, a universal feeling I think all of us have at some point. We look in the mirror and we don’t like what we see…I don’t know a person alive who doesn’t feel that way.”
E dal canto suo, poco prima di morire il 21 marzo 1974, primo giorno di primavera, ironica coincidenza in cui la natura gioca ancora il suo ruolo, perché alla fine è sempre la natura a decidere, Candy Darling lasciava questo scritto.
To whom it may concern
By the time you read this I will be gone. Unfortunately before my death I had no desire left for life. Even with all my friends and my career on the upswing I felt too empty to go on in this unreal existence. I am just so bored by everything. You might say bored to death. It may sound ridiculous but is true. I have arranged my own funeral arrangements with a guest list and it is paid for. I would like to say goodbye to Jackie Curtis, I think you’re fabulous. Holly, Sam Green a true friend and noble person, Ron Link I’ll never forget you, Andy Warhol what can I say, Paul Morrissey, Lennie you know I loved you, Andy you too, Jeremiah don’t take it too badly just remember what a bitch I was, Geraldine I guess you saw it coming. Richard Turley & Richard Golub I know I could’ve been a star but I decided I didn’t want it. Manuel, I’m better off now. Terry I love you. Susan I am sorry, did you know I couldn’t last I always knew it. I wish I could meet you all again.
Goodbye for Now
Love Always
Candy Darling
Tinkerbell HI!
You’re a bird now.
Scrivi un commento