Sì, sì, è il nostro mondo a essere Fragile.
La quarta copertina degli Yes è merito di Roger Dean che immagina un bambino mentre sogna il suo pianeta che si rompe come un pezzo di porcellana.
É la prima visione di Dean per la band inglese. Dall’attività onirica del bimbo esce una sfera sospesa in un cielo vaporoso, in movimento, sul punto di esplodere.
E non ci sono dubbi che sia la “nostra” sfera, anche se la forma delle terre non sembra la stessa, perché quale altro pianeta è così Fragile da sgretolarsi come un biscotto?
La linea bianca è una crepa che spacca la Terra in due, una crepa perché Dean percepisce qualcosa di fragile anche nei cinque ragazzi che, insieme, sono la band progressive rock Yes nella sua formazione storica, cinque ragazzi che nel 1971 si conoscono da poche settimane.
Una gigantesca barca alata è sul punto di salpare con molte persone o molti oggetti, come un grosso insetto per un attimo posato a terra prima di spiccare il volo. Chiunque desideri scappare da lì è pregato di salire a bordo. Ultima chiamata.
Nel sogno, il bambino sta usando l’arca per andarsene via prima che tutto sparisca, come avviene nella back cover.
Il bambino non è reale, ma la Terra lo è fin troppo, ed è Fragile, concreta, delicata.
Nel primo disegno di Roger Dean per gli Yes la Terra è paradossale e sproporzionata, con alberi troppo enormi per essere veri e rocce che spuntano dall’oceano come piloni di un pontile sommerso dall’alta marea.
Nella back cover il mondo diventa una palla mangiucchiata dalle termiti, i pezzi si staccano e si disperdono nello spazio.
La nave con i sopravvissuti guarda la scena dall’alto e vediamo che è a forma di pesce, con un lungo tappeto d’accesso e una sorta di paracadute che le permette di restare sospesa nel vuoto.
La fantasia di Roger Dean è meravigliosa e la Terra è Fragile, e del resto sono gli anni ’70, e negli anni ’70 le città stanno esplodendo e i gruppi rock sensibilizzano il loro pubblico, consapevoli del loro potere nei confronti dei fan.
Allora con Fragile gli Yes lanciano il loro grido d’allarme il 12 novembre 1971, per il loro quarto album, come i Led Zeppelin avevano lanciato il loro messaggio l’8 novembre 1971, appena quattro giorni prima, sempre per la copertina del loro quarto lavoro ma in modo molto, molto più subliminale.
Curioso.
Curioso come il rock stia urlando che qualcosa non va nella Terra quando il decennio è appena iniziato ma già sta correndo incontro al consumismo, inglobandolo.
Ma sì, tanto nel nostro pianeta le risorse sono inesauribili. Tanto c’è tempo per rimediare. Certo.
Non deve pensarla così il bambino che fa il sogno da cui nasce questa copertina ma ovviamente nel passato la copertina era un mondo a sé stante, usciva dalla musica e si tuffava nell’album, non lo conteneva soltanto ma sembrava sintesi perfetta di un messaggio, soprattutto nei quartieri rock e dintorni.
Negli anni ’70 questo gioco raggiunge livelli pazzeschi e una copertina non solo è inutile a contenere un disco ma non è mai legata solo a un messaggio fine a sé stesso.
La copertina si spinge sempre oltre l’immagine stessa. Sempre.
Il messaggio ambientale della cover di Fragile riflette il gruppo. Perché Fragile può anche essere una band, il suo equilibrio e la sua psiche.
Dean lo intuisce e così disegna un pianeta dove tutto è grande, troppo grande rispetto al pianeta stesso, perché un gruppo è un mondo isolato e fragile, un pianeta in mezzo ad altri pianeti, in particolare quando il gruppo in questione ha appena cambiato alcune componenti del suo meccanismo.
Il gruppo arriva dal loro primo, grande successo con The Yes Album (febbraio dello stesso anno, gli Yes cavalcano l’onda componendo Fragile in tempo record) e all’indomani del cambio tra Tony Kaye e Rick Wakeman. Due piccole scosse. Una bella, visto il successo, l’altra un po’ destabilizzante visto l’uscita di Kaye.
Una cosa che fa riflettere.
Siamo noi a essere fragili, sembrano dire gli Yes, anche noi lo siamo. Non solo il mondo, ma tutti noi. Basta un niente.
Per questo la copertina di Fragile doveva essere un pezzo rotto di porcellana, uno dei materiali più fragili che esistano.
Era l’idea del gruppo, completamente diversa dal concept di Roger Dean che comunque aggiunge la crepa perché quella copertina aveva sì la sua firma, ma parlano gli Yes.
Un gruppo promettente ma ancora troppo giovane per non sentirsi almeno un po’ Fragile.
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